OTRANTO – «Prima c’era un trattore pesante che arava la terra. Poi le strutture amovibili in legno sono state considerate un rischio, non si capisce perché. Ho fiducia nella magistratura, spero si faccia presto chiarezza, dopo tanti esposti che mirano solo a bloccare tutto». Il sindaco uscente, Luciano Cariddi, riflette su un’incongruenza: quando passava un mezzo pesante ad arare, la costa non era a rischio? Insieme a chi vuole fermare il Twiga per i motivi più disparati e, qualche volta, anche per interessi economici contrastanti, c’è chi ritiene un danno l’aver bloccato la realizzazione di una struttura non invasiva, che avrebbe garantito ulteriori servizi. Eppure, sono stati chiesti 11 permessi, la trafila burocratica è stata lunghissima: tutto sembra proprio il contrario di un incentivo a investire sul territorio.
Gli attivisti del Movimento 5 Stelle come Cristian Casili non lo vogliono: sono convinti che metta a rischio la costa già troppo fragile. «Ben undici permessi autorizzativi prima di iniziare a realizzare lo stabilimento balneare extra lusso, una trafila burocratica complessissima, conclusasi con il via libera di tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte – tuona il consigliere regionale forzista Marmo – Un lavoro inutile perché, in Puglia, se non è la Regione (da dodici anni a questa parte) a bloccare ogni forma di investimento regolare, è la magistratura». «Non abbiamo timore –aggiunge- di affermare che i sigilli della magistratura rappresentino, a pochi giorni dall’inaugurazione del Twiga di Otranto, un pessimo messaggio che la Puglia lancia a qualsiasi imprenditore». Da vent’anni si parla di «sburocratizzare» l’Italia, ma poi basta qualche esposto, dopo decine di permessi, e si ritorna in un limbo fatto di attese e carte bollate.
«La nostra non è una terra che vuol crescere e la tutela del paesaggio poco c’entra, dal momento che esiste un iter burocratico che consente di verificare l’impatto ambientale delle opere – continua il consigliere regionale Marmo – Lo diciamo perché lo stabilimento di Briatore concorre ad accrescere l’appeal e l’offerta turistica del Salento e a portare vera ricchezza nel territorio, carente nel segmento del lusso. Ci ricorda quella pagina poco lusinghiera del resort di Nardò, ma oggi il “merito” non è della pubblica amministrazione, ma di un interventismo tardivo e pregnante delle toghe. Andando avanti così, la Puglia dovrà accontentarsi di vivere delle briciole, pur avendo uno straordinario potenziale che potrebbe costituire un volano per la nostra economia».
Garcin