GALATINA (Lecce) – Per anni la sua ditta avrebbe rappresentato un fiore all’occhiello nel panorama locale nel settore dell’edilizia per poi sprofondare nel baratro del fallimento. Francesco Vigneri, 53enne, di Galatina, titolare dell’omonima ditta attiva fino al 2015, è stato rinviato a giudizio dal gup Simona Panzera. L’imputato dovrà difendersi dalle accuse di bancarotta documentale e fraudolenta aggravata dal prossimo 5 ottobre davanti ai giudici della seconda sezione collegiale.
L’indagine è stata avviata con una relazione del curatore dopo la sentenza di fallimento nel luglio del 2015. E stato così ricostruito un flusso di denaro sospetto e di beni spariti dal 2007 fino al 2014. Le cifre sono ingenti e si aggirano sui 650mila euro. Due i casi finiti all’attenzione del sostituto procuratore Donatina Buffelli. L’imputato avrebbe distratto beni per complessivi 557mila euro tramite operazioni bancarie e fatture emessa dalla ditta a clienti. Le operazioni sarebbero state eseguite per soddisfare esigenze personali così come sarebbe emerso dall’esame dei documenti; la seconda somma sospetta si aggira sui 99mila euro.
Non solo soldi, però. L’imputato avrebbe occultato anche altri beni. Terreni, in particolare. A Galatina, in via San Domenico Savio, dove l’impresa fallita aveva realizzato un complesso edilizio, appartamenti e box ancora allo stato rustico alla data del fallimento. Secondo gli inquirenti, i terreni sarebbero stati fittiziamente trasferiti alla società Edilcasa srl amministrata dal figlio di Vigneri con un atto di compravendita di “soli” 40mila euro nonostante l’impresa avesse corrisposto 245mila euro ed avesse concluso un contratto preliminare di compravendita. C’è poi l’accusa di bancarotta documentale.
L’imprenditore non avrebbe inserito nei libri contabili gli ingenti debiti accumulati nei confronti di dipendenti, professionisti, enti pubblici, banche, clienti. Le annotazioni avrebbero riguardato anche operazioni di giroconto prive di scritture giustificative. La difesa, rappresentata dall’avvocato Mario Stefanizzi, ha cercato di smontare l’ipotesi accusatoria sostenendo come l’impresa tramandata da padre in figlio sia stata investita dalla crisi che ha interessato il mercato edilizio.
F.Oli.