di Gaetano Gorgoni
La musica ha un potere taumaturgico nelle più antiche società: oggi è scientificamente provata la capacità di terapeutica e guaritrice in tante patologie, anche quelle che riguardano i disturbi dell’attenzione, le nevrosi, lo stress e tanto altro. Ne parliamo con Antonio Montinaro, autore di un interessantissimo libro sull’argomento, neurochirurgo, ex Direttore dell’U.O. di Neurochirurgia dell’Ospedale “V. Fazzi” di Lecce fino al 2011, componente del Consiglio Direttivo della Società Italiana di Neurochirurgia dal 2004 al 2008, studioso del cervello, che vanta numerosissime e importanti pubblicazioni in campo scientifico, e grande esperto di musica classica.
LECCE – Nel capolavoro di Sartre la musica è l’unica salvezza dalla nausea esistenziale, ma le terapie musicali possono salvarci anche dai guai fisici?
«La risposta a questo quesito è nelle pagine del mio saggio dove si cerca di chiarire il valore del supporto musicale nella nostra quotidianità. Affermava il poeta e filosofo Novalis: “Ogni malattia ha una soluzione musicale”. E poi aggiungeva: “Maggiore è il talento musicale del medico, tanto più breve e completa è la soluzione”».
Lei si è occupato spesso del rapporto tra musica e cervello. Ha racchiuso la sua conoscenza in alcune pubblicazioni, poi il libro «Musica e Cervello. Mito e scienza». Cosa emerge nel suo ultimo lavoro?
«Il mio saggio appena pubblicato rappresenta la sintesi ultima delle mie estese ricerche sull’argomento. Ma c’è di più: il Preludio, che introduce il saggio, scavando nella mia vita, chiarisce l’origine della mia passione per la musica e del mio interesse per la fisiologia e la patologia del cervello».
Lei è stato il direttore della Neurochirurgia del Fazzi di Lecce, ha una grande esperienza e ha studiato per tanti anni il cervello. Ci sono ancora molti segreti da svelare?
«Ho diretto la Neurochirurgia del Fazzi per 12 anni. Ma la mia vita con la Neurochirurgia ebbe inizio nel lontano 1971. Molte cose sono cambiate da allora. Oggi lo studio del cervello dispone di indagini raffinate che consentono di valutare accuratamente non solo la sua anatomia, ma anche la sua funzionalità. Le neuroscienze odierne rappresentano un capitolo straordinario in costante e rapida evoluzione. Ma i segreti da svelare sono ancora tanti!»
È vero quello che si dice: se usassimo al massimo delle potenzialità il cervello, potremmo essere telepatici? O sono solo leggende, miti?
«Domanda affascinante. In realtà l’immensa potenzialità del cervello viene utilizzata solo in minima parte. Un allenamento costante in direzioni differenti potrebbe consentire lo sviluppo di capacità inimmaginabili. Compresa ovviamente la telepatia».
La scienza ci dice che la musicoterapia può favorire un miglioramento della qualità della vita contro nevrosi, stress, nell’autismo e perfino nei casi di Parkinson. Ci sono vantaggi concreti o è solo un effetto placebo?
«Non è un effetto placebo, ma anche se lo fosse, perché rinunciarci? Nel mio saggio c’è un lungo capitolo dedicato all’utilizzazione della musica in campo terapeutico. Ritengo che i risultati migliori si stiano ottenendo nell’Alzheimer e nel morbo di Parkinson. L’esperienza straordinaria di Silvia Ragni a Roma con i pazienti affetti da Alzheimer, che cito nel mio lavoro, va considerata un modello da riprodurre. Mi piace ricordare un’intervista del 2008 su Repubblica, nella quale il cardinale Carlo Maria Martini, affetto da morbo di Parkinson, affermava: «Il Parkinson non mi ha fiaccato… lo sapete che mi sveglio la mattina presto con la musica di Mozart, ne ho provate tante di musiche, ma questa è l’unica che mi permette di trovare il ritmo giusto e iniziare a camminare».
La musica nella sua vita è importante? Cosa ascolta lei di solito? Cosa consiglia di ascoltare a chi è stressato?
«La musica è una presenza costante nella mia vita dall’età di 14 anni, non riesco ad immaginare un’esistenza priva di questa esperienza straordinaria. Anche in sala operatoria ho introdotto la musica. Com’è noto sono un cultore di musica classica, ma apprezzo anche tantissimi autori non necessariamente “classici”. I miei preferiti? Bach, Mozart, Schubert e Vivaldi. Per alleviare lo stress ai non esperti consiglierei soprattutto l’ascolto di Mozart e Vivaldi».
Tecnicamente cosa succede al cervello quando si ascolta la musica?
«La ricerca ha attualmente identificato 6 gruppi di neuroni che si attivano in modo selettivo. Uno di questi lo fa per la musica. Resta da chiarire se le persone nascono con neuroni musicali o se le cellule nervose acquisiscono una specializzazione per la musica durante lo sviluppo infantile. E’ possibile infatti che questi neuroni emergano nel corso dello sviluppo, in risposta alla massiccia esposizione alla musica che la maggior parte di noi ha durante la vita. La musica, com’è noto, può suscitare una vasta gamma di emo-zioni: dalla gioia per una Tarantella napoletana alle lacrime per un dramma pucciniano, all’angoscia per una Sinfonia di Mahler. L’emozione è più intensa durante l’ascolto di composizioni già note, che risvegliano ricordi sopiti. Il rapporto tra musica ed emozione è stato trattato in passato soprattutto in ambito filosofico, com’è testimoniato dal gran numero di scritti sull’argomento. Ma negli ultimi 15 anni la capacità della musica di modificare gli stati d’animo e di suscitare emozioni è stata studiata anche in ambito scientifico. Qui però il discorso si allarga: vale la pena di leggere quanto è ampiamente documentato nel saggio pubblicato».