Sono aumentate di 10 volte, con un picco nel 2013, le meduse che vivono nei nostri mari. Questo è quanto emerso dalla ricerca condotta da “Occhio alla medusa”, il progetto di ricerca italiano che ha monitorato questi organismi presenti nel Mediterraneo, coinvolgendo anche i cittadini che potevano inviare segnalazioni di avvistamenti tramite la rivista Focus.
Dalla ricerca i numeri parlano chiaro: dal 2009 al 2015 gli avvistamenti sono aumentati di ben 10 volte, passando da 300 a circa 3000 esemplari, con avvistamenti di proliferazione da 140 a più di 1200.I fattori che hanno favorito l’aumento sono molteplici: dall’effetto serra all’eccessiva pesca, fino all’aumento della disponibilità di substrati che ne favoriscono l’insediamento nella fase iniziale.
“Tutti i nostri mari sono interessati dalla presenza di meduse – ha spiegato a Adnkronos il Professore di Zoologia dell’Università del Salento, Ferdinando Boero, associato a Cnr Ismar – Alcuni di questi animali non pungono e non sono meduse, ma sono grossi e sono gelatinosi. La parola giusta sarebbe: ‘macrozooplancton gelatinoso’ ma la gente li chiama comunque meduse”.
Dalla Pelagia, particolarmente urticante presente nelle acque profonde del Tirreno, alla cosiddetta “Barchetta di San Pietro” nelle acque liguri, fino alla Aurelia che abbonda nel Nord Adriatico.
Tante, dunque, le specie descritte dal ricercatore Boero, che ha anche illustrato quella Aliena nel progetto da lui curato, “Occhio alla medusa – Pelagia Benovici”, arrivata probabilmente con le acque di zavorra delle navi, apparsa in abbondanza, in inverno, in alto e medio Adriatico, subito scomparsa. Secondo i ricercatori le popolazioni originali si troverebbero in un posto dove nessuno ha mai studiato le meduse.
Animali bellissimi, alcuni pericolosi in grado di iniettare un veleno mortale, altri anche buoni da mangiare e ricca fonte di proteine.
Le meduse abitano da sempre i nostri mari e si differenziano di poco dalle antenate di 600 anni fa: sono loro a segnalarci se stiamo agendo bene nei confronti degli ecosistemi che consentono la nostra sopravvivenza.
” In realtà il vero flagello è l’uomo e non le meduse e non si può rispettare ciò che si conosce in modo grossolano” ha concluso il ricercatore.
M. Latronico