di Claudio Tadicini
Un’ingente partita di cocaina, ordinata ma mai giunta a destinazione. Cinque chilogrammi di polvere bianca che, da Roma, avrebbero dovuto “imbiancare” il tacco d’Italia e rifornire le fiorenti piazze dello spaccio locale. E che, invece, sebbene non siano mai arrivati, hanno comunque finito per coinvolgerlo in un maxi blitz antidroga, che i carabinieri del Nucleo investigativo del Comando provinciale capitolino hanno eseguito all’alba di ieri tra l’Italia, la Spagna e la Repubblica di Panama.
C’è, infatti, anche un 26enne di Ugento tra le 54 persone indagate dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, accusate a vario titolo di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, traffico e detenzione illegale di stupefacenti, reati aggravati dalle modalità mafiose, nonché cessione e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Nei confronti del salentino – al quale, come emerso dalle indagini e dalle intercettazioni telefoniche, è contestato il tentativo di importare in provincia di Lecce cinque chili di cocaina – è scattato l’obbligo di dimora nel comune messapico, provvedimento che gli è stato notificato ieri mattina dai militari romani unitamente ai colleghi della Compagnia di Casarano.
L’operazione dei carabinieri è stata eseguita in collaborazione con la Guardia Civil spagnola e, oltre al Salento, ha interessato anche le province di Roma, Napoli, Reggio Calabria, Spoleto e Rieti, estendendosi – come detto – anche nella penisola iberica ed in America centrale. Evidenziando rapporti di collaborazione tra i narcotraffici capitolini e la ‘Ndrangheta.
Le indagini, che abbracciano il biennio 2014-2015, hanno consentito di disarticolare un gruppo criminale dedito al traffico di ingenti quantitativi di droga nella Capitale (in particolare nel quartiere di Montespaccato), ricostruendo le sue dinamiche interne ed identificando gli appartenenti al sodalizio. Un’associazione in grado di muovere tonnellate di droga ogni anno: basti pensare che, nel solo mese di maggio 2015, gli investigatori sequestrarono 578 chili di cocaina. Importati dall’Ecuador per rifornire i mercati italiani ed internazionali, avrebbero fruttato un guadagno da capogiro: un miliardo e trecento milioni di euro.
Tornando al ruolo dell’ugentino, gli interrogativi attorno alla sua figura sono tanti. Nel basso Salento in cui – come portato alla luce dall’operazione “Diarchia” – il traffico degli stupefacenti è gestito in maniera monopolista dai clan locali, appare inverosimile che si tratti di un “cane sciolto”, riuscito ad entrare in contatto coi narcotrafficanti romani ed intenzionato a sfidare la mala, pur di avere un proprio giro d’affari. L’ingente quantitativo di cocaina che avrebbe voluto importare, infatti, presuppone un altrettanto ingente investimento di danaro per poterla acquistare. Ingenti come i guadagni derivati dallo spaccio di droga tra Casarano e dintorni, che i gruppi di Tommaso Montedoro e Augustino Potenza si spartivano. Almeno finché il primo, ordinando di uccidere il secondo, non decise di restare l’unico.