di Claudio Tadicini
LECCE – Ancora attiva e ben radicata, sebbene alcuni analisti sostengano il contrario. Priva di qualsiasi mira espansionistica, “affezionata” al suo territorio e tutt’altro che scomparsa. Caratterizzata – anzi – da una <<perdurante e rinnovata vitalità>>, con la quale continua a curare le proprie attività criminali in linea con la strategia “difensiva” adottata dalla metà degli anni duemila, che evita le forme più eclatanti che possano suscitare allarme sociale. In grado – nonostante le azioni di contrasto della magistratura – di controllare ancora il territorio, determinando un atteggiamento di complessiva omertà nella collettività civile e di scarsa collaborazione da parte delle vittime.
Nulla di nuovo sotto al sole, o quasi. L’analisi della Direzione nazionale antimafia sulla Sacra Corona Unita (relativa al periodo 1 luglio 2015 – 30 giugno 2016) conferma la persistenza della mafia salentina nelle province di Lecce e Brindisi ed in alcune aree del Tarantino, dove le attività criminali – benché talora possano apparire autonome ed indipendenti da logiche mafiose – continuano a fare riferimento, invece, proprio all’associazione mafiosa.
L’ultima relazione della Dna evidenzia ancora una volta come la crisi economica abbia enfatizzato il ruolo della criminalità organizzata, che avrebbe così assunto una funzione di interlocuzione con la società civile, legittimando la propria posizione, segnale di un conseguito consenso sociale o, comunque, di un’accettazione e condivisione di logiche criminali e mafiose che hanno determinato un abbassamento della soglia della legalità.
Mantenendo una struttura <<reticolare>> e non più <<verticistica>>, la Sacra Corona Unita ha continuato a coltivare i suoi tradizionali interessi: spaccio di stupefacenti, estorsioni ed usura, ponendo in luce (leggasi operazione Twilight, ndr) collegamenti, connivenze e collaborazioni anche con circuiti bancari asserviti al sistema, capaci di generare un “mercato dell’usura” nella provincia di Lecce.
Il settore più redditizio resta quello della droga – cocaina, eroina e soprattutto marijuana – che presenta un mercato in continua crescita così come i suoi consumatori. La gestione dei traffici di ingenti quantitativi di stupefacente continua ad essere nelle mani dei clan che, tuttavia, per la sua distribuzione preferiscono “appaltare” anche a persone esterne alla compagine associativa, costituendo delle vere e proprie “holdings” criminose, dalle quali percepire parte dei proventi sotto forma di “punto”.
La vera novità in questo settore – sottolineano i relatori Francesco Mandoi ed Elisabetta Pugliese – è però rappresentata dal notevole incremento del traffico di “erba” dall’Albania, che ha portato in appena due mesi (agosto – ottobre 2016) al sequestro di ben 10 tonnellate di marijuana transitata attraverso il Canale d’Otranto a bordo di gommoni o piccole imbarcazioni da diporto. Narcotraffico che, pur gestito in autonomia da albanesi residenti in Italia, comincerebbe a manifestare la presenza di interlocutori appartenenti ai gruppi locali. Invariati restano gli altri canali di approvvigionamento di cocaina ed eroina, provenienti dalle ‘ndrine calabresi e dai gruppi di criminalità albanese in Calabria, da dove provengono anche le armi.
Quanto alle estorsioni, messi da parte gli atti intimidatori violenti (ordigni e colpi d’arma da fuoco), si è passati a metodi più “soft”, come il danneggiamento con la colla delle serrature degli ingressi degli esercizi commerciali, che palesano come la <<forza intimidatoria dell’associazione sia inversamente proporzionale alla necessità di esibirla>>. A tal punto che alcuni imprenditori – pur in assenza di minacce – chiedono “protezione” in autonomia, offrendo preventivamente il pagamento del “pizzo” oppure omaggiando i clan con regali quali orologi, gioielli, capi d’abbigliamento, cellulari e veicoli.
La divisione dei compiti e dei ruoli, il rispetto delle regole e delle gerarchie e la ritualità delle affiliazioni restano caratteristiche della Scu e confermano la piena operatività di detta associazione, la cui distribuzione territoriale appare cristallizzata rispetto all’anno precedente. Una staticità destinata ad infrangersi – almeno per quanto riguarda il basso Salento – dopo i recenti fatti di sangue di Casarano e l’eliminazione del boss Augustino Potenza, che hanno spazzato in un sol colpo le “voci” che la davano per scomparsa: la Sacra Corona Unita esiste ancora. Ed è tornata anche ad uccidere.