CASARANO (Lecce) – L’inchiesta “Diarchia” esce rafforzata dopo il giro di boa del Riesame. I giudici (Presidente Maria Pia Verderosa, relatore Antonio Gatto, a latere Anna Paola Capone) hanno rigettato quattro ricorsi su quattro confermando le misure cautelari per Ivan Caraccio, 30enne di Casarano, (difeso dall’avvocato Walter Zappatore), indicato nelle intercettazioni come un personaggio divenuto ormai scomodo e da eliminare (una sorta di dead man walking); Salvatore Carmelo Crusafio, 42enne di Matino, (difeso dall’avvocato Mario Coppola); Domiria Lucia Marsano, di 40, residente a Lecce, già sottoposta alla misura alternativa dell’affidamento in prova, (difesa dall’avvocato Luigi Rella) e Sabin Brah, 34enne, di origini albanesi ma residente a Brindisi, (assistito dall’avvocato Elvia Belmonte).
Negli atti dell’indagine sono confluite altre carte. Nell’udienza di venerdì, il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia Guglielmo Cataldi ha depositato una lettera scritta di pugno proprio da Luigi Calabrese e recapitata al sostituto procuratore Cataldi (magistrato titolare del fascicolo) e al gip Alcide Maritati (il giudice che ha firmato l’ordinanza). Nella missiva il 23enne di Casarano (in carcere da febbraio) precisava che le armi sequestrate dai carabinieri nel corso di una perquisizione a febbraio erano destinate non a Salvatore Rosario Crusafio ma ad un altro soggetto.
Parallelamente, gli accertamenti vanno avanti. Il sostituto procuratore Guglielmo Cataldi conferirà incarico mercoledì prossimo ad un pool di consulenti tecnici di scremare i contenuti di chat, conversazioni e messaggi intercorsi tra le quattordici persone arrestate nell’ambito dell’indagine che ha stroncato il clan capeggiato da Tommaso Montedoro.