di Gaetano Gorgoni
LECCE – Il dirigente di Palazzo Carafa Buonocore ha macinato già 300 chilometri con la sua macchina per cercare di capire come risolvere la situazione dell’umido bloccato nelle case dei leccesi. In Regione tutti alla ricerca di soluzioni impossibili. La verità è che mancano gli impianti e, col fatto che è stato chiesto ai Comuni di accelerare sulla raccolta differenza, i cinque impianti operativi sono andati in tilt. “Non è stato chiuso il ciclo dei rifiuti, inoltre le nostre strutture non bastano a coprire una raccolta spinta, che la Regione Puglia ha incentivato minacciando l’applicazione dell’ecotassa”- ci spiegano dallo staff dell’ufficio Ambiente del Comune di Lecce. Chiedendo a tutti i comuni la differenziata spinta, le sole cinque piattaforme disponibili non bastano. Sempre secondo il regolamento regionale, le piattaforme devono essere chiuse in alcuni periodi per motivi di “revisione tecnica”. Doppio danno: disagio in casa proprio nella stagione più rischiosa, quella estiva. Aggiungeteci che i funzionari leccesi devono fare una marea di chilometri per dialogare con i funzionari regionali da quando le Ato sono state chiuse e la frittata è fatta.
Bisognava pensare all’impiantistica prima: i miasmi di questi giorni ce lo ricorderanno ogni minuto. La crisi è infrastrutturale: per far funzionare questo Paese ci vorrebbero decisioni forti e lungimiranti, che mancano, e meno cavilli burocratici. Adesso chi ci salverà? Rischiamo di annegare nel rifiuto umido. Basilicata, Calabria, Campania e Frosinone sono pieni e non ospiteranno i nostri rifiuti. Quindi, opzione Pordenone: il nord ci può salvare, quel posto dove si fanno meno chiacchiere e più fatti. Poi, arriverà la mega batosta: una marea di soldi in più per ogni tonnellata portata fin là. Tra qualche ora Salvemini deciderà se dire sì al trasporto al nord. Qualcuno spera ancora in proroghe dei nostri impianti. Ancora una volta pagherà il contribuente salentino l’inefficienza della politica e anni di chiacchiere.