F.Oli.
SOGLIANO CAVOUR (Lecce) – E’ stato il lungo giorno di Luciano Magnolo, l’ex assessore ai lavori sociali e vice sindaco di Sogliano Cavour, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e corruzione nell’inchiesta antimafia condotta dai carabinieri e ribattezzata “Contatto”. Il politico, ai domiciliari da martedì, è comparso davanti al gip Edoardo d’Ambrosio per l’interrogatorio di garanzia durato circa un’ora e mezzo alla presenza dei propri avvocati Giuseppe e Michele Bonsegna. Magnolo ha sdegnosamente negato ogni contatto con il presunto clan respingendo qualsiasi rapporto con alcuni affiliati così come contestato nell’ordinanza.
L’ex amministratore ha respinto qualsiasi ipotesi di aver finanziato la cassa dell’organizzazione destinando 10mila euro al mese così come intercettato dagli investigatori in una conversazione raccolta tra Antonio Cianci e Giuseppe Antonaci (due tra i principali indagati). Magnolo ha precisato come non ci sia alcuna traccia di flussi di denaro sospetti rilevato e contestato transitati sui propri conti. Nel contempo, l’ex assessore (dimessosi all’indomani della pubblicazione della notizia dell’inchiesta sul suo conto) ha negato di aver adottato una corsia preferenziale per alcuni affiliati nelle assunzioni in una ditta del posto. Avrebbe semplicemente rispettato quanto riportato nella graduatoria del registro dei servizi sociali già nota ancor prima di assumere l’incarico di assessore nel 2014.
Le presunte pressioni sulla dirigente avrebbero riguardato solo i tempi e non le modalità e sarebbero state esercitate nell’interesse di tutti i cittadini inseriti in graduatoria senza alcun favoritismo. Per le carte dell’indagine, l’amministratore comunale si sarebbe adoperato per favorire la concessione di contributi economici e prestazioni lavorative a personaggi vicini al clan stringendo solidi contatti con i vertici del clan (Vincenzo Cianci e Pasquale Gugliersi, ma anche con il boss Michele Coluccia). In cambio, nella sua veste di assessore alle Politiche sociali, avrebbe concesso benefici economici in favore di alcuni sogetti vicini al clan e ai loro familiari. Almeno sette gli episodi accertati, avvenuti fra il 2013 e il 2014. Contributi che sarebbero stati assegnati in violazione dei principi di terzietà e di imparzialità propri della pubblica amministrazione e facendo pressione sull’assistente sociale.
E poi c’è l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa che pende sulla testa di Magnolo. In particolare l’ex assessore avrebbe versato somme di denaro per il sostentamento dei detenuti (in particolare del boss Michele Coluccia), avrebbe procurato posti di lavoro a due presunti affiliati, avrebbe procurato l’assunzione a Carmela Magnolo, detenuta per detenzione di stupefacenti, in una cooperativa amministrata dal fratello. Tutte accuse respinte con decisione nel corso di un lungo interrogatorio in cui Magnolo ha difeso la propria correttezza come politico ma anche e soprattutto come persona.