COPERTINO – Una normale giornata di lavoro tra i suoi alunni, la maleducazione e irriverenza di alcuni di loro, il tentativo di ottenere il meritato rispetto più volte fallito. Una situazione che oggi vivono molti educatori, ma che ad un mite sacerdote neretino, è costata un ricovero al pronto soccorso per un acuto attacco d’ansia che gli ha causato un innalzamento della pressione.
È successo al Bachelet di Copertino, protagonista di questa storia è don Riccardo Personè, docente di religione che dalle pagine del sua profilo Facebook ieri ha raccontato la sua disavventura mettendo a nudo la propria anima e compiendo una piccola rivoluzione: il post è stato condiviso, commentato, argomentato e ha fatto riflettere molte più persone del previsto smuovendo coscienze di adulti a adolescenti che finalmente, Messi di fronte al fatto compiuto, sono stati costretti a fare i conti con la propria coscienza e con una rete educativa che ormai fa acqua da tutte le parti.
Oggi don Riccardo Personè è tornato in classe, tra i suoi ragazzi, che ama di un amore paterno e profondo, pronto a parlare con loro a cuore aperto, ha accolto a braccia aperte coloro che si sono scusati, valutando anche la possibilità di chiedere in consiglio di ignorare le note appuntate sul registro.
Con i più grandi invece ha discusso a lungo, ha analizzato e sviscerato l’accaduto, trasformando una brutta, bruttissima vicenda in spunto per interrogarsi sul perché di questi giovani così superficiali, così arrabbiati, così soli e ha fatto un carico di dimostrazioni di stima e affetto sincero ascoltando i suoi studenti che si sono dichiarati pronti a protestare qualora lasciasse la scuola.
La missione educativa di don Riccardo prosegue e ha voluto nuovamente affidare a Facebook il suo chiarimento ai fatti dello scorso 26 settembre:
“Lo scrittore e filosofo francese François de La Rochefoucauld in una sua massima afferma:
“Il mondo ricompensa più spesso le apparenze del merito che non il merito stesso…
Il male che facciamo non ci attira tante persecuzioni e tanto odio quanto ce ne procurano le nostre buone qualità.”.
E il papa del sorriso, Giovanni Paolo I, nell’Angelus del 17 settembre 1978, ha detto:
“Per insegnare il latino a John non basta conoscere il latino, ma bisogna anche conoscere e amare John”. E ancora: “Il generale Wellington, quello che ha vinto Napoleone, ha voluto tornare in Inghilterra a vedere il collegio militare dove aveva studiato, dove si era preparato, e agli allievi ufficiali ha detto: « Guardate, qui è stata vinta la battaglia di Waterloo ». E così dico a voi, cari giovani: avrete delle battaglie nella vita a 30, 40, 50 anni, ma se volete vincerle, adesso bisogna cominciare, adesso prepararsi, adesso essere assidui allo studio e alla scuola.”.
Ogni giorno mi sforzo di amare e conoscere gli studenti. Non sono MAI stato contro di loro e, se sono oggettivi, lo possono tranquillamente affermare anche loro.
Il mio era/è un grido per scuoterci, svegliarci! Tutti: genitori e agenzie educative per aiutare i giovani ad essere più umani; più sereni in classe. Ad essere studenti!
Pertanto per evitare ulteriori fraintendimenti voglio ribadire che la Scuola dove insegno (peraltro sono fresco di nomina) col DS, i suoi collaboratori, tutti i docenti, i collaboratori e gli amministravi, in passato ed ancora oggi, ha sempre cercato di essere una Scuola attenta e molto sensibile al mondo degli studenti fornendo loro il massimo della professionalità. Chiedo scusa se ho potuto causare una tale – evidentemente errata! – interpretazione!
Don rì”
A leggere di questa vicenda, dell’appello di questo professore, l’unico pensiero che viene in mente é che forse ai giovani e alle famiglie serve davvero un abbraccio forte da parte di tutte le istituzioni che li unisca e rassereni.
Claudia Forcignanò