La politica è il “gioco” più antisportivo che conosco. A nessuno piace perdere.
Carlo Salvemini in agosto chiese le dimissioni dei consigli di amministrazione delle partecipate, Lupiae ed Sgm. Una parte della città, ma soprattutto i leoni da tastiera, i suoi più agguerriti fans, si schierarono con il Sindaco arrivando anche ad offendere chi aveva fatto il proprio lavoro, senza prova alcuna se l’incarico fosse stato da loro male onorato. Questo sol perché erano espressione della vecchia amministrazione, indipendentemente da qualunque altra questione che attenesse al merito del loro mandato. Ma questa è la piazza, si sa, e la piazza italiana è ancora più famelica e agguerrita di tante altre. Scatenata la piazza, scoperto l’inganno. Ovviamente dietro la mossa del Sindaco c’era la chiara volontà di operare un avvicendamento con persone a lui vicine e di sua fiducia. Per farlo erano necessarie: a) le dimissioni, richieste e non accordate; b) un atto di revoca, minacciato ma mai eseguito, c) una decadenza di fatto delle cariche secondo l’anglosassone principio dello “spoils system”, secondo cui gli alti dirigenti della pubblica amministrazione cambiano con il cambiare del governo.
Quest’ultima, è stata la strada più comoda che Salvemini ha voluto percorrere, priva di ogni ricaduta politica. Atteso che le dimissioni non sono state accolte, la nuova amministrazione ha ripiegato sulla decadenza ipso fatto, e parte della piazza, quella giustizialista gli è andata dietro. Ma è ovvio che parliamo della classica piazza giustizialista con il doppio peso e doppia misura secondo il noto assioma:” le leggi per gli amici si interpretano, per i nemici si applicano”. Solo che nel caso di specie la Corte Costituzionale in Italia è chiara: lo spoils system da noi non trova casa. E questo lo dice a far data della sentenza n. 103/2007, lo ripete con sentenza n. 161/2008 e lo ribadisce con sentenza n. 20/2016.
Nella sentenza del Tar di Lecce, si riafferma anche questo per chi ha voglia e onestà intellettuale di leggerlo. Non esiste una decadenza di fatto degli incarichi, gli amministratori rimangono in carica o fino alla revoca, oppure fino a scadenza di mandato. In questo spazio temporale il comune può liberamente emanare un avviso pubblico per evitare che al momento della revoca o della scadenza di mandato le società rimangano privi di amministratori, non potendosi applicare il regime una prorogatio degli organi societari.
In tutta questa ricchezza di contenuti giuridici anche di portata costituzionale, che hanno anche ricadute politiche, si resta basiti dal commento di Salvemini che pare aver colto solo un solo passaggio, quello cioè più blando e cioè, che dovrà rifare un nuovo bando. Un bando che userà lo stesso criterio di scelta fino ad ora adottato dal precedente Sindaco, nomine fiduciarie a prescindere dal merito dei cv. Se questo è il nuovo che avanza, ben venga per i formattatori. Ora Carlo Salvemini è stato posto davanti ad un problema politico: revocare i vertici delle società partecipate, oppure aspettare che il loro mandato scada. Revocarli significa andare incontro ad un altro giudizio per la reintegra, oltre ad un risarcimento danni, per la parte del contratto non onorato. Un po’ come avviene con gli allenatori delle squadre di calcio: se li revochi, devi continuare a pagarli fino a fine contratto. Nulla di più, nulla di meno. E’ la legge che lo prevede. La domanda da porsi a questo punto è la seguente: è conveniente esporre il comune al pagamento di un doppio contratto, solo per accontentare chi vuole occupare quei posti? Percorrere la strada della revoca vuol dire iniziare un percorso non scontato, con ricadute politiche assai gravi qualora dovesse perdere anche quel ricorso. Del resto però Carlo Salvemini se dovesse aspettare la scadenza del mandato dovrà affrontare un problema politico con la sua maggioranza che invece vuole occupare posti di potere in tutta fretta. Queste sono le questioni politiche, che nulla hanno a che fare con le questioni amministrative.
Per questo è una amministrazione spray, traspare visibilmente incertezza politica ed amministrativa. Lecce ha però altre impellenze, non certo quello del cambio dei vertici delle partecipate.
Riccardo Rodelli