di Gaetano Gorgoni
LECCE – “Noi abbiamo salvato i correntisti delle banche, non le banche, e voi ne dovreste sapere qualcosa con la storia della Banca 121”. Matteo Renzi esordisce rispondendo a una delle polemiche più in voga tra i suoi detrattori e cita il famoso crac della banca salentina. Ironico, carismatico, affabulatore e ottimista: conferma le sue grandi capacità comunicative. Su questo piano è un Berlusconi del centrosinistra: imbattibile nel tenere la scena, un mattatore. Eppure, dopo un breve idillio, il suo flirt con l’ex Cavaliere è andato in frantumi. “Il Patto del Nazareno non l’ho rotto io, ma Berlusconi dopo una chiamata con D’Alema: la cosa che mi colpisce è che questa telefonata non l’ha smentita nessuno. Io sono affezionato alla storia D’Alema-Berlusconi perché ho molto rispetto delle storie d’amore. Io non odio nessuno, nemmeno Berlusconi, ma ho simpatia per la capacità istrionica che ha”. Secondo l’ex premier, “la politica è emozione, non può diventare carrierificio”: ricorda che lui non ha maturato il vitalizio. Ma non ricorda che aveva promesso di ritirarsi se avesse perso il referendum. Difende il Jobs Act e tutte le sue mosse, in linea con il titolo del suo libro: “Avanti”. Sul referendum ammette gli errori fatti e annuncia che è stata persa l’occasione di riformare istituzionalmente l’Italia.
Qualcuno grida ‘No Tap’ e Renzi risponde con calma, parlando di fake news: “Uno può pensarla come vuole, ma se crede a una politica energetica, non può dire ‘no nel mio cortile’. Ho una posizione rispettosa verso i No Tap, ma i tubi sono dappertutto. Parliamo delle infrastrutture veramente necessarie. Parliamo dell’alta velocità, da cui siete stati tagliati fuori, che ora il governo tenta di darvi. Non attardiamoci su battaglie di retroguardia”. L’ex premier non tocca il delicato tema delle trivelle nel mare salentino, ma la sua idea è ben chiara: prima di tutto gli interessi economico-energetici del paese. Alle domande scomode fuori dal palco non risponde. Non dice se alla fine sarà costretto ad allearsi con D’Alema e non risponde a nessuna domanda su Emiliano, che da tempo parla di sud dimenticato dal governo. Non dice nulla sulla guerra con la Regione Puglia e delle leggi regionali continuamente impugnate (non ultima quella sulla partecipazione, simile a quella Toscana, che però ha avuto un trattamento diverso).
Siamo in piena campagna elettorale per le politiche: Renzi dà a tutto il colore lucente dell’ottimismo e glissa sulle lotte interne e sulla profonda spaccatura nel centrosinistra determinata dal renzismo. Il segretario nazionale del Partito Democratico è stato ospitato a Lecce, nell’ambito delle iniziative “I Dialoghi de La Puglia in più”, per presentare il suo ultimo libro “Avanti, perché l’Italia non si ferma”, edito da la Feltrinelli. L’iniziativa è ideata da Dario Stefano, e si è svolta all’interno del Teatro Romano della città (via Arte della Cartapesta). Il presidente della Giunta Elezioni e Immunità del Senato, dopo aver organizzato la convention con Pisapia, non troppo tempo fa, si ritrova sull’altra sponda della sinistra e si prepara a passare nel Pd con la sua squadra. Su questo giornale vi avevamo svelato in tempi non sospetti le trattative tra il senatore leccese e l’ex premier. Sul palco per questo dialogo anche la viceministra allo Sviluppo Economico, Teresa Bellanova, e Paola Moscardino, giornalista de La7.
“Sarò il candidato premier” – annuncia Renzi, che poi passa al tema del lavoro, difendendo con il coltello tra i denti le sue riforme. “C’è una situazione di precarietà diffusa: a Lecce l’80 per cento dei pensionati vive con una pensione al di sotto dei mille euro” – ricorda la giornalista sul palco. “La sinistra è dire: quanto guadagni, mille euro? – afferma il leader Pd – Ok, mille e ottanta. Qualcuno dice che è una mancia, ma è un passo in più”. La soluzione di Renzi è abbassare le tasse, ma quale politico direbbe il contrario? Lui, intanto, ricorda di averle sensibilmente abbassate. Ma con i tagli alle amministrazioni periferiche, ci hanno pensato queste ultime a compensare aumentando la tassazione. Il leader del Pd ricorda altri risultati importanti: la legge Dopo di Noi sull’assistenza continua ai disabili, e le leggi sulle coppie di fatto. “Sono contento di quello che abbiamo fatto, anche se dobbiamo fare di più”.
L’ex premier attacca la destra di Salvini, “che si sente a casa sua in Corea del Nord: aiutiamolo a casa sua!”. Poi l’affondo agli avversari del Movimento 5 Stelle: “Paghiamo lo stipendio a una senatrice che dice che il Pil aumenta perché vengono usati troppo i condizionatori. Una deputata ha detto che crede nelle sirene. Io domando ai 5 Stelle: euro sì o euro no? Si elimina il Jobs Act, che ha fatto 900 mila posti di lavoro?”. Qualcuno dalla platea gli ricorda che un numero simile di posti è saltato e che quando si sgonfiano gli incentivi si sgonfia tutto, ma il leader Pd è ugualmente fiero delle sue riforme.
Renzi incita a ragionale sui temi. “Siamo una Repubblica fondata sul lavoro, non sul sussidio” – spiega. Teresa Bellanova gli dà man forte: si vanta della legge contro il caporalato e cita gli arresti dei caporali. La viceministra salva il Jobs Act e spiega che ci sono più assunzioni: “Si favoleggiava di essere di sinistra e poi si votava la legge Fornero che precarizzava il mondo del lavoro (l’affondo è per l’ex segretario Pd, Bersani ndr)”. La giornalista ricorda che le leggi non vengono applicate e che il precariato avanza: è troppo facile fare i furbi con il Jobs Act. Ma Renzi la invita a non demonizzare tutti gli imprenditori.
Dario Stefano prova a fare un discorso che favorisca l’unità di tutto il centrosinistra, compresi gli scissionisti: “Avremmo voluto fare prima questo evento, ma abbiamo preferito farti dare il benvenuto da Carlo Salvemini, dopo la vittoria del centrosinistra a Lecce. Restare uniti è importante. Se si partisse dai territori, la vittoria sarebbe più semplice a livello nazionale. Al Pd va riconosciuta la caratteristica delle primarie. La leadership di Renzi è solida. Il Paese ha bisogno di centrosinistra per risolvere i suoi problemi. Dobbiamo superare le diversità per proporre soluzioni”.
Stesso discorso a favore dell’unità del centrosinistra da parte di Carlo Salvemini. Il sindaco di Lecce ha spiegato che non ci si può rifugiare in posizioni intransigenti e puriste rifiutando il dialogo con un partito importante come il Pd: “Sono uscito dal Pd nel 2010, per divergenze di vedute, ma non si può non considerare l’elettorato di un partito come quello Democratico. Bisogna disinnescare il clima di scontro. Nel perimetro del progressismo ci siamo tutti”.
Nel discorso renziano, invece, l’ottimismo regna: si parla di un Paese che va fortissimo, con più occupazione e prosperità. Non si parla di unità del centrosinistra a tutti i costi e il nome degli scissionisti come D’Alema spunta solo per sbeffeggiarlo. Non si dice nulla sugli anni passati a promettere una legge elettorale migliore, che non è ancora arrivata. Nulla sulla giustizia che è solo per ricchi e sui processi che durano decine di anni. Nulla sul fatto che i cosiddetti “giovani occupati”, nella maggior parte dei casi, al sud, percepiscono uno stipendio che va dai 400 agli 800 euro e con quei soldi non riescono a emanciparsi. Nulla per rassicurarci sulle autorizzazioni alle prospezioni nel nostro mare, che alcuni autorevoli studiosi ritengono dannose per l’ecosistema marino. Nulla sul fatto che gli italiani avrebbero voluto e potuto votare prima, mandando a casa un Parlamento di nominati dalle segreterie dei partiti. Sembra che tutto vada bene. Renzi è ottimista, gli italiani un po’ meno.