di Julia Pastore
LECCE – Una visita guidata “sui generis”, che parte dietro le quinte. Si è concluso ieri il ciclo di visite organizzate dal FAI – Fondo Ambiente Italiano, presso l’abbazia di Santa Maria di Cerrate nel Salento. La particolarità di queste visite risiede nel fatto che i visitatori hanno avuto la speciale occasione di salire sui ponteggi dei restauri e, dotati di caschetto e gilet catarifrangente, hanno potuto godere da vicino degli affreschi dell’abbazia duecentesca.
Il recupero architettonico, iniziato ad aprile di quest’anno, è svolto da Veronica Ambrosoli, responsabile dell’Ufficio Conservazioni del Fai, e da imprese come “Restauri del Sole”, di cui fa parte la restauratrice Maria Buongiorno, che ha portato un esempio ai visitatori di come si svolge il restauro: laddove vi erano porzioni d’affresco staccate, è stato effettuato un consolidamento in profondità, eseguito con degli aghi che hanno causato dei microfori, iniettandovi una malta a base di calce idraulica e carbonatata, che va a colmare gli spazi vuoti. Inoltre, dalle analisi svolte, è stato possibile rinvenire delle tracce di lapislazzulo, usato come colore per gli affreschi: da ciò si evince che le opere erano state commissionate da persone benestanti.
La restauratrice Noemi Billeci ha spiegato quanto sia importante la fase conoscitiva, quindi tutto quello che viene prima del restauro, a livello empirico, perché solo conoscendo la materia su cui si va ad intervenire si possono scegliere le giuste metodologie da adottare. E mentre un tempo il lavoro del restauratore era simile a quello di un artigiano, che però a volte faceva scelte un po’ azzardate, anche sulla base di ricette che gli erano state tramandate, invece adesso la disciplina è stata regolamentata e ci sono anche delle direttive precise che promanano dalle soprintendenze e della provincia. Quindi, oggi, è fondamentale la presenza degli enti preposti.
Maggiori accortezze servono anche per la scelta dei materiali, che devono essere a bassa tossicità ed ecosostenibili, a tutela sia dell’ambiente che dell’operatore stesso, che con quei prodotti è chiamato a lavorarci per tutte la vita.
Il tutto viene seguito da un direttore dei lavori, che indica quali lacune reintegrare e quali lasciare sottotono, in maniera tale da ottenere una uniformità d’azione.
Nel corso delle visite, sono stati anche illustrati alcuni prodotti usati dal restauratore, tra cui dei pigmenti naturali, come la terra di Siena bruciata e la terra di Siena naturale.
I restauri continuano ancora, ci sono tante zone da rifinire, come ha detto Maria Buongiorno, “tenendo sempre il massimo rispetto dell’originale”.