di Francesco Oliva
LECCE – Una lunga scia di accuse franano su una casa riabilitativa per malati psichiatrici con sede nel sud Salento. E la scure delle contestazioni si abbatte su tre indagati sotto forma di un avviso di chiusa inchiesta. Nell’atto si fa riferimento a presunti maltrattamenti ai danni degli ospiti; minacce ed estorsioni su alcuni dipendenti e un caso di molestie (sotto forma di stalking) su una socio operatrice. Nei guai finiscono il direttore; l’amministratrice e di un dipendente della struttura. Rispondono, a vario titolo, di stalking, estorsione aggravata e maltrattamenti. La vicenda è stata avviata dopo la denuncia di una dipendente negli uffici della Guardia di Finanza. Le dichiarazioni della dipendente hanno alzato il velo su presunti vessazioni, maltrattamenti e minacce. Le contestazioni si concentrano in particolare sulle figure di direttore e amministratrice.
I responsabili della struttura avrebbero molestato l’operatrice sul posto di lavoro. Soprusi, offese e l’obbligo di turni massacranti con mansioni extra. Abusi non solo psicologici ma anche in termini di retribuzione. Nell’avviso si parla anche di estorsioni sul posto di lavoro. Pretese di contanti (somme tra i 100 e i 300 euro) restituite ogni mese e decurtate dalle buste paga per conservare il lavoro. Le vittime sarebbero quattro, tutti dipendenti. Sarebbero stati di più, molti di più gli ospiti maltrattati. Le indagini, coordinate dal sostituto procuratore Maria Rosaria Micucci, avrebbero fatto emergere casi di abusi per quattro anni: dal 2013 fino ad aprile di quest’anno.
Le accuse sono gravi: pazienti costretti a vivere in condizioni igieniche precarie comprovate dal ritrovamento di feci su un coprimaterasso, su una federa, sul pavimento e sulle ante di un armadio; tracce di sangue su un cuscino dettata dal mancato utilizzo nei lavaggi di un disinfettante; ospiti esposti al rischio somministrazione di farmaci scaduti. I casi di maltrattamenti si sarebbero verificati non solo nelle camere ma anche nei luoghi in comune. In particolare nella cura e nella gestione dell’alimentazione.
A colazione, in particolare quando sarebbero stati offerti sempre gli stessi alimenti: un litro di latte diluito nell’acqua da suddividere tra almeno 18 persone; tre biscotti ciascuno; pane del giorno precedente mischiato con latte e acqua. Ospiti, poi, in numero maggiore a quello previsto e con difficoltà, anzi “trascuratezza” per dirla con la prosa del pm rivelatosi pericoloso per sé e per gli altri pazienti. C’è poi l’accusa, contestata agli indagati, di aver conservato medicinali in condizioni igieniche precarie. I tre,da ritenersi estranei fino ad una sentenza definitiva, sono difesi dagli avvocati Pasquale e Giuseppe Corleto.