TORINO – Ci sono anche un leccese e due brindisini tra le dodici persone arrestate dai carabinieri del Ros, che all’alba hanno smantellato un’organizzazione criminale legata alla ‘Ndrangheta e dedita al traffico internazionale di stupefacenti.
Su richiesta della Procura distrettuale antimafia di Torino, infatti, sono stati raggiunti dalle ordinanze di custodia cautelare, in carcere e ai domiciliari, i due brindisini Orlando Carella (residente a Brindisi) e Giovanni Cannarile (residente a Torino), rispettivamente di 48 e 47 anni (entrambi sono finiti in carcere), nonché il leccese Luigi Tommaso Trisolino, di 80 anni, da tempo trapiantato a Torino, per il quale sono scattati gli arresti domiciliari.
Nel corso dell’operazione – ribattezzata “Bellavita” – i militari sono riusciti anche a stanare alcuni pericolosi latitanti, localizzati a Malaga, in Spagna. Le indagini del Ros hanno consentito di individuare i canali di approvvigionamento con cui il gruppo criminale muoveva ingenti quantità di cocaina e hashish, nonché le modalità di trasporto e la rete di distribuzione dello stupefacente.
Droga, ma non solo. Secondo quanto accertato dagli investigatori, l’organizzazione criminale era dedita anche alla detenzione illecita di armi. Gli arresti, eseguiti prevalentemente nella zona di Torino (ma anche a Brindisi, Genova e Reggio Calabria), sono stati eseguiti anche in Spagna, grazie alla collaborazione con la polizia spagnola.
L’indagine del Ros si è sviluppata attraverso intercettazioni telefoniche ed ambientali, servizi di osservazione e pedinamento anche transfrontalieri, ed è stata corroborata dalle dichiarazioni rese da un collaboratore di giustizia, consentendo di individuare gli appartenenti ad un sodalizio criminoso legato a famiglie ‘ndranghetiste specie del Reggino, dedito in maniera stabile e continuativa all’importazione di ingenti quantitativi di hashish e cocaina dalla Spagna all’Italia. Stupefacente approvvigionato in Marocco e commercializzato prevalentemente sulla piazza torinese.
La droga, come è stato accertato nel corso dell’attività investigativa, giungeva in Italia occultata in doppi fondi ricavati all’interno di autocarri e di autovetture prese a noleggio, o intestate a prestanome.