di Julia Pastore
LECCE – L’immigrazione spinta è una manna dal cielo per l’Italia o una iattura? A queste domande hanno provato a rispondere gli ospiti di una tribuna politica organizzata lo scorso venerdì 17 novembre da un attivo gruppo di studenti di Giurisprudenza, nell’”auditorium” del museo Sigismondo Castromediano. Gli organizzatori Marco Fortunato, Matteo Giuri, Giacomo Pezzuto e Marco Rhao hanno fortemente voluto questo evento, inteso come un’occasione culturale di servizio alla cittadinanza. Si è trattato di un seminario snello e vivace, perché formato da una serie di brevi interventi cadenzati da un tempo massimo di due minuti e mezzo. I relatori Matteo Centonze (referente provinciale di Casapound), Andrea Caroppo (consigliere regionale di “Sud in Testa”) e Luigi Spedicato (professore di Sociologia presso l’Unisalento) si sono così “sfidati” a tempo, essendo stati interrogati su varie “quaestiones” che sono risultate centrali anche in vista delle imminenti elezioni politiche.
A moderare la discussione, Giacomo Pezzuto, che ha delineato un aspetto importante del lavoro svolto dal Ministro dell’Interno: grazie al decreto Minniti si stanno riducendo i flussi migratori, perché se prima, a seguito di uno sbarco, ognuno aveva due anni di tempo per poter dimostrare di aver diritto alla protezione umanitaria, ora bisogna farlo in sei mesi. Pezzuto ha quindi chiesto ai relatori se l’immigrato rappresenta una risorsa o una sconfitta. “Tranchant” è stata la risposta del sociologo Spedicato: <<L’immigrato è una risorsa sia per l’Italia che per l’Europa: i demografi sostengono che in Italia nel 2050 gli italiani intesi come tali per “discendentia sanguinis” saranno scomparsi, perché il tasso di fecondità è ad oggi bassissimo. Rivendico con orgoglio l’italianità di Totó Riina: noi italiani non ci facciamo mai mancare nulla e sappiamo comportarci peggio degli immigrati>>. Il professore utilizza un argomento retorico molto utilizzato nella “sinistra benpensante”: ci sono poche nascite, dunque, puntiamo sugli stranieri.
E’ lo stesso argomento utilizzato da alcuni imprenditori che puntano sugli immigrati per i lavori pesanti. Il problema non è che gli italiani sono meno fecondi: sono semplicemente più insicuri e più precari, grazie alle politiche rapaci portate avanti dalla generazione a cui appartiene il professore. Nessuno è più al sicuro: è difficile mantenere più di un figlio, gli asili nido costano troppo e le donne sul lavoro sono sempre penalizzate. Gli stipendi da fame per i giovani e il precariato violento che sta affondando la nostra società non permette a nessuno di programmare famiglia e figli: per questo gli italiani rischiano l’estinzione. Se, invece, si dà uno sguardo al mondo del lavoro, la questione diventa ancora più chiara: gli immigrati sono disposti a rinunciare quei diritti che fin dai tempi della scuola pensiamo che siano inalienabili. Certi imprenditori (vogliamo sperare una minoranza) puntano su chi è più disperato per sfruttarlo e ottenere più profitto. Lo abbiamo visto nelle campagne con il nuovo schiavismo che è nato.
Alcuni stranieri, per questioni culturali, fanno figli in continuazione pur essendo in condizioni di vera fame. Questo non significa che siano più fecondi, ma solo che sono abituati a vivere sotto la soglia di povertà: non è una cosa positiva. Purtroppo a ricordare l’amara verità al professore, che sicuramente non è stato una vittima della precarizzazione del mondo del lavoro, ci ha pensato un giovane, anche se appartenente a un movimento guardato con molto sospetto. <<Prima che l’italiano scompaia dall’Italia, una nazione seria dovrebbe intervenire per fare in modo che ciò che è stato difeso anche con il sangue su confini dell’Italia venga tutelato con sussidi alle famiglie che incentivino le nascita – ha replicato Matteo Centonze – Il problema è molto più ampio: una giovane famiglia oggi non riesce ad accedere ad un mutuo ad avere un lavoro stabile. Non ritengo che la soluzione sia la sostituzione di un popolo, perché è vero, un popolo senza figli è un popolo destinato a morire.
Stiamo importando manodopera basso costo da regalare a degli schiavisti e non è vero che ci sono lavori che gli italiani non vogliono più fare ma ci sono dei salari che gli italiani non possono più accettare. E così i cervelli italiani vanno fuori. Inoltre noi, come Casapound, siamo contrari alla riforma dello “Ius soli”, perché potrebbe attrarre ancora più immigrazione. Gli attacchi terroristici in Francia e in Belgio sono stati una dimostrazione di come non ci sia stata alcuna integrazione.>>. Caroppo ha invece fornito una risposta intermedia: <<La grande differenza è quella tra migranti economici e migranti per motivi umanitari, di asilo politico. Noi dobbiamo accogliere tutti coloro che richiedono asilo perché perseguitati per l’orientamento religioso, sessuale o politico. Dobbiamo però regolare i flussi. L’Italia non ha un sistema adeguato per identificarli, conoscerli e rimandarli nel loro Stato d’origine.
Non possiamo correre il rischio, come avvenuto nel 2016, di avere 100.000 “fantasmi” che vengono in Italia, richiedono l’asilo politico, ma non ne hanno il diritto. Ci troviamo di fronte ad una Europa senza alcuna identità, con un multiculturalismo fatto male e che spazza via le peculiarità del nostro Paese, come la piccola impresa, perché le normative europee non ci permettono di fronteggiare la concorrenza, o come il mantenimento di tradizioni religiose: sembra che credere in qualcosa sia diventato un disvalore e quindi per esempio, per non urtare la sensibilità delle minoranze, preferiamo non allestire più il presepe nelle scuole>>. In tema di identificazione, la destra presente al convegno propone in concreto l’esigenza di accordi bipartisan. Bisogna negoziare con le coste libiche, cosa che il vecchio Ministro non è stato in grado di fare.