F.Oli.
GALLIPOLI (Lecce) – Si chiude con due assoluzioni l’ultimo filone processuale sulla lunga e complessa inchiesta sulle armi del clan Padovano custodite da alcuni presunti affiliati. I giudici della seconda sezione collegiale (Presidente Roberto Tanisi) hanno infatti assolto con formula piena Roberto Felline, 47enne e Oreste Scorrano, di 27, entrambi residenti a Gallipoli nonostante il pubblico ministero Maria Rosaria Micucci avesse chiesto la condanna rispettivamente a 4 e 9 anni. Felline era accusato di ricettazione, detenzione e porto di armi clandestine e munizioni, estorsione, atti persecutori e lesioni personali aggravate dal concorso esterno in associazione mafiosa; Scorrano, invece, rispondeva di estorsione e lesioni personali.
L’indagine è stata coordinata dal pubblico ministero Roberta Licci nel 2014. In manette finirono i fratelli Cosimo e Andrea Cavalera sulla scorta delle indagini condotte dagli agenti del Commissariato di Gallipoli. L’inchiesta trae origine dal sequestro di due pistole, effettuato il primo luglio del 2013, quando nel corso di una perquisizione domiciliare effettuata presso l’abitazione occupata all’epoca da Andrea Cavalera, gli agenti trovarono e sequestrarono due pistole (una Beretta mod. 70, cal. 7,65, con matricola abrasa, ed una Bruni, in origine a salve, trasformata in arma comune da sparo, priva di matricola, armi quindi di provenienza clandestina) nonché tre caricatori monofilari (due dei quali contenenti rispettivamente 8 e 6 cartucce cal. 7,65), e vari munizioni tra cui 5 cartucce cal. 9 corto e 3 cartucce cal. 7,65. Nell’occasione, per Cavalera scattò l’arresto in flagranza di reato.
Le armi, come accertato dagli agenti del commissariato ionico, appartenevano a Pompeo Rosario Padovano, fratello e mandante dell’omicidio dell’ex boss Nino Bomba, ed a Cosimo Cavalera, poi passate di mano quando i due, nel novembre 2010, furono arrestati. L’attività investigativa della polizia ha permesso di accertare, inoltre, il coinvolgimento di altre persone, per lo più appartenenti alla famiglia Cavalera, non solo nella detenzione delle armi clandestine, ma anche in una serie di condotte estorsive e minacciose, riconducibili ad un contesto di carattere mafioso. Gli avvocati Pompeo Demitri e Biagio Palumbo hanno dimostrato l’assoluta estraneità degli odierni imputati e i giudici, in attesa del deposito delle motivazioni, hanno accolto in pieno le tesi difensive. La presunta vittima si era costituita parte civile con l’avvocato Luigi Suez.