LECCE – Nel pomeriggio del 14 dicembre l’Arcivescovo Michele Seccia ha incontrato i docenti e gli studenti dell’Istituto di scienze religiose metropolitano “Don Tonino Bello” di Lecce.
L’arcivescovo è stato accolto dal saluto dello studente Pasquale Marino “Caro vescovo Michele, come indica papa Francesco, le chiediamo di camminare davanti a noi per indicarci la via (…); le chiediamo di camminare in mezzo a noi perché tutti si è in cammino”.
Il direttore dell’Istituto monsignor Luigi Manca si è rivolto all’arcivescovo, moderatore e responsabile primo dell’istituto: “ Vorrei che l’istituto si guardasse allo specchio insieme con lei che inizia con noi, come nuovo pastore e guida accademica ; vorrei che lei guardasse al cuore di questa realtà , un istituto universitario a tutti gli effetti al servizio delle diocesi della metropolia di Lecce, Nardò–Gallipoli, Brindisi-Ostuni, Otranto, Ugento-Santa Maria di Leuca.
Oltre a fornire competenze specifiche formando docenti di religione cattolica nelle scuole pubbliche, l’istituto ha attirato l’attenzione di numerosi laici di diversa età, sensibilità , professione accomunati dal desiderio di una formazione teologica solida immediatamente spendibile nel mondo della cultura, della vita ecclesiale e sociale. Lo studio della teologia diventa non solo contenuto ma anche metodo per fare emergere le ricchezze proprie della persona umana”. Questa una breve sintesi dell’intervento.
L’arcivescovo Michele sorprende citando una frase di Friedrich Nietzsche tratta da ‘Così parlò Zarathustra’: “ Che cosa ti dice la tua coscienza? Diventa l’uomo che tu sei”. Sappiamo che Nietzsche ha preso la sua strada, le sue scelte, ma per noi questa domanda provocatoria è veramente interessante perché diventare gli uomini che noi siamo ha una semplice risposta: ci riconosciamo come immagine e somiglianza di Dio , nella nostra origine più remota e nella nostra dignità più alta. È chiaro che esistono tante correnti filosofiche, come il personalismo per trovare altrettanti approfondimenti, antropologie ma lo studio delle discipline teologiche, tutte, deve aiutarci sempre più a prendere coscienza di noi stessi nella relazione e quindi nell’origine.
Perché non si tratta di dimostrare solo l’esistenza di Dio, dalle cinque vie di San Tommaso alle vie di San Anselmo e a quanti ci hanno provato nei modi più diversi; chi studia la teologia può anche cominciare dalla curiosità ma deve attraversare l’esperienza della fede. La teologia, discorso su Dio, non è una disciplina come tutte le altre, perché il Verbo si è fatto carne e questa verità di fede la dobbiamo prendere in tutta la sua concretezza possibile , in questo coinvolgimento pieno, perché non abbiamo degli dei, degli idoli, non abbiamo dei riti, ma sappiamo che la liturgia pur passando attraverso dei riti è il vivere, è il fare esperienza della fede.
Ecco quello che voglio augurarvi in questo primo impatto, incontro con voi : è che possiate veramente lasciarvi affascinare sempre di più dallo studio di tutte le materie teologiche. Il riferimento fondamentale è nutrirsi della parola di Dio, perché solo attraverso la Parola, quella Parola antica e sempre nuova possiamo noi vivere concretamente l’esperienza dell’Incarnazione come relazione. Se il Verbo si è fatto carne è perché la Parola è giunta all’uomo, alla persona e perché la persona si senta interpellata e perché ci sia sempre quel desiderio vivo, presente, mai completamente esaurito di dare ragione della nostra fede (…).
Prosegue sottolineando che la Parola buona è valida per tutti, ma non è la stessa parola per tutti, perché ognuno deve trovare quella Parola che lo fa sobbalzare, vincere la propria sordità , sentire la coscienza, tutto l’essere aperto, interpellato da Dio, altrimenti ‘facciamo un’autopsia’ della sua Parola, come di un cadavere che può essere esaminato in tutte le sue virgole, accenti e sfumature.
Basta una Parola per mettere in movimento la nostra vita, ma non è questione solo di cervello, capacità, ma è soprattutto una questione di fede.
Religione e fede devono camminare insieme, sia perché la fede non diventi solo speculazione e si manifesti nei gesti, sia perché la religione non sia solo un insieme di culti, bellissimi, ma le cui parole scivolano addosso. Sottolinea l’importanza delle parole del Canone, della partecipazione , della liturgia, di una ricchezza straordinaria, ma che spesso l’abitudine ci fa sorvolare. Chi studia la teologia attraverso il particolare deve scoprire la bellezza di un incontro, della Comunione.
L’arcivescovo col suo articolato intervento, del quale abbiamo citato solo qualche passo, è riuscito a toccare il cuore dell’istituto, gli studenti di età e formazioni diverse, uniti dalla forza della fede e, in questa circostanza, dal sorriso della speranza.
La speranza di non essere soli, ma di avere una guida, un pastore che ci accompagni nelle difficoltà di questo percorso, la speranza di avere un ‘amico’ che ci aiuti a vincere le nostre sordità.
Manuela Marzo