LECCE – Dopo aver raccontato l’avvincente storia della scoperta dell’anfiteatro romano, è indispensabile addentrarsi all’interno di tale monumento, per descrivere quei dettagli caratteristici che spesso sfuggono ad uno sguardo d’insieme. Infatti, lungi dall’essere un semplice precursore di uno stadio moderno, è il risultato di uno studio architettonico avanzato, testimoniato dalla complessità della struttura – in cui niente è lasciato al caso – e dalla resistenza al tempo.
Il monumento, collocato immediatamente al di fuori del perimetro della città romana, ha una lunghezza di 102 metri sull’asse maggiore e 82 metri su quello trasversale ed è in parte ricavato sul banco roccioso; certamente si riutilizzò il materiale ricavato sul luogo stesso, mentre fu adoperato marmo greco per il fregio del podio. Questo misura in po’ più di 2 metri e delimita l’arena che è tagliata da un muro a strapiombo di circa 8 metri, costruito per il dislivello del piano stradale. Intorno al podio vi erano rilievi raffiguranti scene di caccia e di combattimenti tra animali, ora andati perduti.
Dalle dimensioni dell’asse maggiore si stima che l’anfiteatro, edificato tra I e II secolo d.C., potesse contenere circa ventimila spettatori. Di fronte al Palazzo della Banca d’Italia, si trova uno degli ingressi principali dell’arena, al di sopra della quale si sviluppano le gradinate di cui oggi rimane solo l’ordine inferiore. Dall’arena si snodano i corridoi, le cui volte costituiscono il sostegno della cavea. Al di sotto della quale si estende un corridoio anulare voltato, che consente l’accesso alle gradinate mediante scale; dal lato opposto, un altro corridoio anulare si apre verso l’esterno con una serie di fornici, analogamente ad altri anfiteatri romani. A questo porticato anulare esterno appartengono i numerosi e grandi pilastri ornati da lesene che, originariamente, dovevano essere di altezza ben maggiore, formando così più ordini. Inoltre, l’altezza dei sedili aumenta a mano a mano che dal corridoio circumpodiale si arriva verso le ultime file e la larghezza, di conseguenza, diminuisce: tale sistema permetteva di avere una completa visione dell’arena da ogni parte della cavea.
L’anfiteatro è circoscritto da venticinque pilastri quadrati che, probabilmente, dovevano sostenere gli archi del portico esterno, andato distrutto. Gli ingressi alle gradinate sono serviti da sedici scale, di cui solo nove si affacciano nella cavea. Durante gli scavi sono stati trovati moltissimi reperti statuari e decorativi, che oggi sono conservati nel museo provinciale “S. Castromediano”.
Nell’ambito di piazza S. Oronzo, questo splendido esempio di architettura romana ha svolto e continua a svolgere un ruolo importante che caratterizza lo spazio urbano e la sua funzionalità è testimoniata dal fatto che ancora oggi costituisce il principale edificio teatrale antico meglio conservato in Puglia e utilizzato ai nostri giorni per spettacoli all’aperto.
Il passato della nostra città vive nel nostro presente attraverso i significativi segni monumentali: essi rappresentano il ponte tra l’antichità e la contemporaneità, diventando testimonianza stabile delle nostre radici. Così l’anfiteatro, traccia tangibile del passaggio romano in Puglia, si fonde con il maestoso barocco e si armonizza con la moderna architettura di Lecce: su questa compresenza sui generis poggia la bellezza poliedrica della nostra città.
Gionata Quarta