di C.T.
Due anni e mezzo di reclusione per avere perseguitato un barista piemontese, perché
“rivale in affari” della moglie. È la condanna emessa al termine del processo con giudizio immediato nei confronti del 32enne Massimiliano Conte, agente della Polstrada torinese originario di Tuglie, finito nei guai nel luglio dello scorso anno con le accuse di stalking, diffamazione, danneggiamento e ricettazione aggravati.
Per Conte, il pubblico ministero aveva invocato una condanna ben più pesante, 5 anni e nove mesi, ma il giudice del Tribunale di Torino Paola Rigonat ha “alleggerito” la pena a due e mezzo e 10mila euro di provvisionale, stralciando l’accusa di ricettazione (per via di alcuni documenti di altre persone trovati in possesso del poliziotto) e rimandando quest’ultima imputazione alla Procura, per valutare l’avviamento di un nuovo procedimento con l’accusa di peculato.
I fatti di cui è accusato l’agente salentino – che, dopo l’arresto scattato nel luglio 2017, ha scontato i domiciliari proprio nel Salento – si sarebbero verificati da ottobre 2016 al marzo successivo a San Secondo di Pinerolo, nel Torinese, dove Conte risiedeva con la moglie per motivi di lavoro.
Il 32enne, nel frattempo sospeso dal servizio, secondo l’accusa avrebbe tolto la divisa per indossare i panni dello stalker. Un insospettabile e tenace persecutore nei confronti di un barista divenuto improvvisamente suo “nemico”, colpevole di avere sollecitato un controllo amministrativo sull’attività della consorte (adiacente al bar del primo), che aveva comportato una salata sanzione da pagare. I cattivi rapporti di vicinato divennero pessimi poco dopo, quando il proprietario del bar denunciò la concorrenza “sleale” del negozio della moglie del salentino – “Il Salento di Mery” – accusata di vendere cibo e bevande senza licenze.
Da quell’episodio, Conte avrebbe iniziato una serie di intimidazioni e rappresaglie nei confronti del vicino commerciante, arrivando a compiere danneggiamenti ai danni del bar del rivale. E persino ad offenderlo pubblicamente su Facebook, accusandolo di essere stato condannato per pedofilia ai danni della figlia e replicando le false accuse anche su un manifesto dello stesso tenore, che affisse sui muri della scuola in cui insegnava la moglie della vittima.
La vicenda dell’agente tugliese si incrocia con un’altra inchiesta della Procura di Torino per corruzione in atti giudiziari, in cui sono coinvolti l’avvocato del barista vittima di stalking ed un carabiniere, cognato proprio del barista, che avrebbero “interferito” nelle indagini sul poliziotto sollecitando interventi da parte del pm.