La cartapesta leccese prosperò e raggiunse ottimi livelli qualitativi fino a quando la committente, costituita dal clero e dall’aristocrazia locale, chiese agli artigiani opere raffinate e di prestigio. Quest’arte, tra il XVII e il XVIII secolo, attinse non poco dal coevo gusto barocco e dalle maestranze degli scalpellini che con la duttile pietra leccese realizzavano statue e motivi decorativi di notevole resa plastica. Sebbene il fiore all’occhiello dei cartapesta fosse costituito dalla statuaria sacra, costoro nel secolo dei Lumi non disdegnarono di allestire presepi, scenografie per le sacre rappresentazioni e per le processioni.
La cartapesta, quindi, come espressione del barocco leccese visse la sua stagione più feconda proprio nell’età in cui dominava in città e altrove lo spirito dell’appariscenza spagnola, testimonianza di una società pigra ed emarginata e per nulla intraprendente. “La cartapesta, ci dice il poeta Vittorio Bodini, è figlia della noia leccese. Basta solo vedere dov’è nata: nelle botteghe dei barbieri…A Lecce il più glorioso capitolo scritto dai barbieri è la cartapesta”. Così scriveva Bodini, il quale riteneva che barbiere fu Pietro Surgente (Mesciu Pietro de li Cristi), ma questa sua affermazione non trova riscontro alcuno, sicché siamo indotti a credere che egli abbia voluto stigmatizzare la decadenza della cartapesta leccese, che ormai già all’alba del nostro secolo non era più in grado di reggere il confronto con le opere realizzate dal Calabrese, dal Maccagnani, dal De Lucrezi e da altri capo-bottega.
Ma i barbieri, se non produssero opere di rilievo, hanno avuto il merito di dedicarsi con passione a piccoli manufatti tra cui i “pupi” per il presepe che, se non furono trascurati dai maestri cartapesta, tuttavia con i barbieri ebbero larga produzione e diffusione. Un barbiere-cartapestaio fu Gaetano Podo, assai rinomato nella produzione dei “pupi” per il presepe. Egli lavorò con Pasquale Letizia, discepolo del Surgente e socio di Antonio Maccagnani, dopo che questi si separò dal Maccagnani. Fu soprattutto caricaturista. Della sua opera non ci è giunto alcun esemplare. Di lui, però, parla diffusamente Pietro Palumbo, il quale ci fornisce una vivace descrizione dei suoi “pupi”, “macchiette dove c’è tutta la prima metà del XIX secolo, rustico, coi calzoni larghi e a quadretti, col giubbone della restaurazione, col viso senza orizzonti, senza un’idea, nascosto nell’ampia cravatta”. Altro barbiere-cartapestaio fu Basilio Bandello, condiscepolo e rivale del Podo e, alla maniera di questo, realizzò anch’egli “pupi” satirici che gli crearono noie con la giustizia, così come era capitato al suo maestro, poiché, evidentemente, gli interessati non avevano gradito il suo spirito.
Tra i barbieri-cartapesta ricordiamo, ancora, Luigi Guerra, detto “Lu tardi mazzo”, Francesco Cosa, detto “Chiccu furti”, Domenico Conte, discepolo del DE Lucrezi, Raffaele De Augustinis, detto “Lu chitarra”, discepolo del Surgente,e, ancora, G. Cretì, L. Giannotta, O.DE Simone, G. Monaco, A. De Pascalis.
I barbieri, però, non espressero soltanto “pupi” di cartapesta. Essi, insieme ad una folta schiera di appassionati del presepe, realizzarono statuine di terracotta per illustrare la scena della Natività, “pupi” comunemente chiamati “pastori”, alti all’incirca 10/12 cm. che negli ultimi tempi, però, sono stati prodotti in dimensioni assai ridotte, anche inferiori ai due cm.
Da tempo ormai i barbieri hanno smesso di realizzare i “pupi” in cartapesta, ma la tradizione di esporre le “fatture” del presepe continua a Lecce con rinnovato vigore. Tanti i giovani appassionati che puntualmente, ogni anno, durante la Fiera di S. Lucia, espongono presepi, “pupi” e “pastori” in cartapesta, e la gente ancora si meravigliare la bravura di tanti cartapesta dilettanti che non hanno nulla da invidiare ai più accreditati maestri operanti a Lecce.
(Tratto Da: MARIO DE MARCO, La Cartapesta Leccese, Ed. Del Grifo, Lecce, 1977, pp.47-51)