La conquista di Antiochia
Verso la fine di maggio, giunge al campo crociato la notizia che un grosso esercito musulmano, proveniente da Mossul, si sta muovendo in direzione di Antiochia agli ordini di Kerbogha. Si tratta di un’armata molto più forte di quelle precedenti che, tra l’altro, include anche le forze di Ridwan, di Duqaq, alcune truppe persiane e quelle degli Artuqidi della Mesopotamia. Durante la marcia il comandate musulmano commette l’errore di deviare su Edessa, presa da Baldovino di Boulogne qualche mese prima. L’azione, rivelatasi infruttuosa, comporta un ritardo di circa tre settimane ed in questo tempo gli assedianti di Antiochia riescono a prepararsi prima dell’arrivo di Kerbogha.
Consapevoli di una sicura sconfitta in caso di scontro campale col nemico, i Crociati decidono che l’unica possibilità di sopravvivenza consiste nella presa di Antiochia. Segretamente Boemondo stabilisce un contatto con certo Firouz, un milite armeno a presidio della Torre delle Due Sorelle, che nutre risentimento nei confronti di Yaghisivan, e lo corrompe al fine di fargli aprire le porte. Successivamente il Principe di Taranto offre agli altri comandanti la possibilità di prendere Antiochia per mezzo del tradimento di Firouz, a condizione però che la città venga lasciata a lui. Raimondo di Tolosa va su tutte le furie, sostenendo che Antiochia deve essere riconsegnata a Bisanzio, secondo gli accordi stabiliti l’anno prima, tuttavia Goffredo di Buglione, Tancredi e Roberto di Fiandra, consapevoli della situazione disperata in cui versano, sono costretti ad accettare la proposta di Boemondo d’Altavilla. Secondo una versione araba, Boemondo avrebbe convocato gli altri comandanti cristiani, chiedendo a chi dovesse andare Antiochia e dopo accese discussioni fu deciso che la città sarebbe stata di chi fosse riuscito a prenderla per primo.
Il 2 giugno Stefano di Blois ed altri crociati disertano e tolgono l’assedio. Nello stesso giorno Boemondo, come da accordi con Firouz, effettua una movimento con le sue forze che, a prima vista, sembra una manovra in direzione dell’esercito di Kerbogha. In realtà si tratta solo di una finta, infatti durante la notte ritorna, Firouz apre le porte e l’esercito di Boemondo penetra all’interno della città, dando inizio ad un vero e proprio massacro. I Cristiani residenti nella città aprono le altre porte e partecipano alla carneficina dei Turchi, senza distinzione di sesso o età. Moltissime donne e bambini vengono trucidati e nella mischia i Crociati uccidono anche diversi Cristiani. Anche il fratello di Firouz cade sotto le spade crociate. Intanto Yaghisivan fugge dalla città ma dopo poco tempo viene preso da alcuni Cristiani siriani che lo decapitano e portano la sua testa a Boemondo, ormai riconosciuto da tutti quale Principe di Antiochia.
Il secondo assedio
Nella serata del 2 giugno la città è sotto il controllo delle armate crociate con la sola eccezione della cittadella che resta in mano ai Musulmani agli ordini del figlio di Yaghisiyan: Shams al-Dawla, mentre su iniziativa del legato pontificio Ademaro, che intende mantenere rapporti cordiali con l’Impero di Bisanzio, Giovanni l’Ossita viene reinsediato nella sua carica di patriarca. Nonostante la presa della città, tuttavia, le scorte di viveri scarseggiano e pertanto la situazione generale dei Crociati rimane sempre difficile.
Il 5 di giugno l’esercito Kerbogha giunge sotto le mura di Antiochia e due giorni dopo il comandante dispone un assalto contro le difese della città, con l’obiettivo di travolgere i Crociati tuttavia l’azione fallisce, così il 9 la pone sotto assedio. Nel frattempo l’imperatore bizantino Alessio guida un esercito in soccorso dei Crociati ma incontrato lungo il tragitto Stefano di Blois ed altri disertori, questi lo convincono del fatto che ormai non esiste più alcuna speranza di salvare i conquistatori di Antiochia. Così anche i Bizantini fanno dietro front e ritornano a Costantinopoli.
Nel frattempo avviene un episodio che galvanizza il morale dei Crociati: il 10 giugno un monaco quasi sconosciuto, tale Pietro Bartolomeo, asserisce di aver avuto una visione di Sant’Andrea che gli avrebbe rivelato la presenza della Sacra Lancia nella città. Altre visioni, causate probabilmente dal denutrimento contribuiscono ad alimentare la speranza. Nonostante lo scetticismo di Ademaro che sa essere presente in Costantinopoli una reliquia della Lancia, Raimondo crede alla visione ed il 15 del mese cominciano gli scavi nella cattedrale che però non sortiscono alcun risultato. Allora Pietro entra nella fossa scavata e tira fuori una punta di lancia, inoltre afferma che in una seconda visione l’apostolo avrebbe esortato i Crociati a digiunare per cinque giorni, come se non fossero già abbastanza denutriti, e la vittoria avrebbe arriso loro. Boemondo, d’altra parte, non crede minimamente che la lancia trovata sia quella sacra, tuttavia tace dal momento che il morale degli uomini è alle stelle.
Il 27 giugno Pietro l’Eremita viene inviato dal Principe di Taranto al campo di Kerbogha al fine di trovare un accordo ma il turco si dimostra inflessibile: lo scontro armato a questo punto diviene inevitabile.
Cosimo Enrico Marseglia
Nato a Lecce, città in cui vive. Ha frequentato i corsi regolari dell’Accademia Militare dell’Esercito Italiano in Modena e della Scuola di Applicazione dell’Arma TRAMAT presso la cittadella militare Cecchignola in Roma, ed ha prestato servizio come ufficiale dell’Esercito presso il 3° Battaglione Logistico di Manovra in Milano, il Distretto Militare di Lecce ed il Battaglione Logistico della Brigata Pinerolo in Bari. Dopo otto anni in servizio permanente effettivo, ha lasciato la carriera militare, dedicandosi alla musica jazz ed al teatro. Attualmente collabora con il Dipartimento di Studi Storici dell’Università del Salento, come esperto di Storia Militare, e dal 2009 è ufficiale commissario del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana. Scrive per L’Autiere, organo ufficiale dell’ANAI (Associazione Nazionale Autieri d’Italia), Sallentina Tellus (Rivista dell’Ordine del Santo Sepolcro), per L’Idomeneo (Rivista dell’Associazione di Storia Patria) e per altre testate. Ha già pubblicato Les Enfants de la Patrie. La Rivoluzione Francese ed il Primo Impero vissuti sui campi di battaglia (2007), Il Flagello Militare. L’Arte della Guerra in Giovan Battista Martena, artigliere del XVII secolo (2009), Battaglie e fatti d’arme in Puglia. La regione come teatro di scontro dall’antichità all’età contemporanea (2011), Devoto ad Ippocrate. Rodolfo Foscarini ufficiale medico C.R.I. fra ricerca e grande guerra (2015), Marseglia. Storia di una famiglia attraverso i secoli (2016) per la Edit Santoro, e Attacco a Maruggio. 13 giugno 1637. Cronaca di una giornata di pirateria turca nel contesto politico-sociale europeo (2010) per la Apulus, quest’ultimo insieme al Dott. Tonino Filomena. Ha conseguito il Diploma Universitario in Scienze Strategiche presso l’Università di Modena e Reggio.