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Il triduo che prepara alla Pasqua, don Salvatore Corvino: È un tempo di grazia per ogni cristiano

di Pietro Manca

La Settimana Santa introduce ai grandi misteri della fede cristiana. Il triduo che sostiene il cammino verso le celebrazioni della Pasqua cattolica è carico di segni, i quali riempiono di significato la liturgia e richiedono di essere compresi appieno. I giorni del triduo spalancano le porte alla festa di Pasqua con l’invito a crede: “Pace a voi! È il saluto del Risorto, che viene incontro a ogni debolezza e sbaglio umano. Seguiamo allora i tre pace a voi! di Gesù: vi scopriremo tre azioni della divina misericordia in noi. Essa anzitutto dà gioia; poi suscita il perdono; infine consola nella fatica” (papa Francesco, 24 aprile 2022). Per una lettura pastorale dei giorni “santi” abbiamo rivolto alcune domande a don Salvatore Corvino, docente incaricato di Sacra Scrittura presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “don Tonino Bello” e padre spirituale del Seminario diocesano di Lecce.

Don Salvatore siamo entrati nel triduo che prepara i fedeli alla Pasqua, qual è l’atteggiamento giusto per accostarsi agli importanti misteri della fede cristiana?

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«Certamente il Triduo Pasquale – e più in generale la Settimana Santa, che non a caso nel rito ambrosiano viene chiamata Settimana Autentica – è un tempo di grazia per ogni cristiano. Il triduo è il compimento del cammino a cui ci ha introdotti il Mercoledì delle Ceneri, giornata in cui la liturgia ci ha messo dinanzi la bellezza del capitolo sesto del Vangelo di Matteo, laddove Gesù ci presenta la vita nuova di figli. Una vita nuova nella quale, camminando lungo le tre vie di preghiera, digiuno ed elemosina, sperimentiamo la gratitudine e la certezza dell’amore del Padre. D’altronde la preghiera altro non è che stare nella relazione con Dio, il digiuno l’invito ad una “dieta” del cuore per scoprirci visitati e amati nei nostri limiti, l’elemosina l’occasione di scoprirci mendicanti d’amore e di toccare con mano i grandi doni che Dio ci fa e che possiamo condividere. Il Triduo Pasquale diventa allora il tempo in cui sperimentare la bontà di Dio che non attende mai una nostra iniziativa, ma muore dalla voglia di incontrarci ancora nella nostra vita e nella nostra verità. Il Triduo è il tempo e il luogo in cui farci visitare da Dio, riconoscendoci uomini e donne fragili – e talvolta affaticati – mendicanti a cui Dio fa elemosina d’amore, sciogliendo le nostre resistenze e le nostre rigidità. I giorni Santi, sono quei giorni autentici che ci aprono gli occhi al mistero dell’amore misericordioso di Dio che alleggerisce la storia dei nostri peccati e soffia ancora lo spirito di vita mostrando la sua fedeltà.»

Anche quest’anno il Venerdì Santo è segnato dal dolore della guerra in Ucraina e dai circa cinquantanove conflitti accesi, ancora oggi, nel mondo. Qual è il messaggio della croce e quale può essere l’impegno dei credenti (e non solo)?

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«Già la Domenica delle Palme ci ha introdotti alla seconda Settimana Santa abitata dalla guerra in Ucraina e ad una delle Settimane Sante caratterizzate dai tanti conflitti. Il popolo di Gerusalemme ha accolto il Signore al grido di “Osanna” – che significa “salvaci” – e l’eco di quel grido è arrivata fino al Giovedì in cui il Signore ha desiderato cenare con i suoi amici. È proprio in questo tempo che il popolo d’Israele si accorge che Gesù è un re fuori dagli schemi, senza esercito, senza cavalli, che invita il discepolo con la spada a rimetterla nel fodero. Gesù armando i suoi amici si sarebbe potuto salvare e questa sua scelta d’amore la pagherà con la vita. Morirà da solo, insultato, deriso, schernito, angosciato davanti ad un Padre a cui grida la sua fatica. Il centurione, che era sotto la croce, insieme a tanti cristiani hanno creduto al suo essere Figlio di Dio. Da quella croce essi hanno sperimentato il più grande atto d’amore che è la via che Gesù ha percorso per salvare la vita dell’uomo. La croce è un mistero, ma un mistero d’amore. E in un tempo segnato dalle guerre, dalle violenze, dalle sopraffazioni, dalle ingiustizie, quella croce ci interroga: l’esempio di Gesù a cosa è servito? È qualcosa impossibile da imitare? Se così fosse saremmo dinanzi ad una grande illusione. La croce, la passione e la morte di Gesù, invece, segnano la storia di un Dio che salva, che non si accontenta di tregue – come quelle che magari si possono ottenere spingendo l’acceleratore sulla violenza – ma vuole una pace vera, giusta, fondata sul perdono, sulla capacità di amarsi. In un tempo in cui ci muoviamo tra la necessità di combattere la violenza e il desiderio di non ignorare il male, non possiamo dimenticare la speranza massima: costruire le condizioni per una pace vera, a partire dalle nostre paci quotidiane. Tutto questo si può vivere alla luce della bella notizia di un Dio che muore in croce per aprire le porte alla vita piena. Singolarmente, dal nostro piccolo posto, forse non possiamo risolvere le tragedie del mondo, ma se riuscissimo a guardare a Gesù e alla sua croce, al suo dono di sé, forse potremmo recuperare la speranza che dietro ogni tragedia e fatica c’è la possibilità di scorgere la tomba vuota della Pasqua.»

Un tuo messaggio augurale, per la Pasqua, rivolto ai lettori del CorriereSalentino.it

«Il mio augurio è che la Pasqua non ci lasci fermi laddove siamo, nei nostri orticelli e nelle nostre zone di comfort, ma che sia l’occasione per metterci in cammino, come faranno Maria di Magdala, Pietro e il discepolo che Gesù amava (di cui ascolteremo nel Vangelo del giorno di Pasqua). I tre inizialmente sono disorientati, non vedono o non riconoscono…ma desiderano capire e cercare. Allora Maria va al sepolcro, poi corre dai discepoli che in fretta vanno alla tomba. Tutto questo mentre è ancora buio. Si affannano ma non c’è risposta. Ma il cammino vero comincia quando il discepolo entra, vede i segni delle bende e crede. Comincia così il tempo della speranza, il primo giorno della settimana che segna il riscatto dell’umanità. La Pasqua è annuncio di vita, annuncio di bellezza, annuncio che ogni barriera può essere abbattuta, annuncio che si può vivere insieme – fratelli tutti, come scrive Papa Francesco.

L’augurio è che ogni credente possa testimoniare che nella sua vita, nelle sue tombe, nei suoi sepolcri Dio ha aperto le porte della speranza. L’augurio è di testimoniare una persona viva e non un’idea. E l’augurio va anche alle tante persone che non credono, che sentono le parole della Chiesa false, fuori tempo, insufficienti, perché possano scoprire che Dio traccia vie di salvezza, sempre. Credere non è così immediato, la Pasqua resta un segno delicato, persino fragile, affidato alla debolezza umana e talvolta alla perplessità dei discepoli…ma la Pasqua mostra anche la forza dirompente della vita che vince ogni male e rompe il muro della morte.

Vi auguro di cuore di poter vivere una Pasqua bella, vera, autentica, che vi faccia scoprire che la promessa di Dio non viene mai meno. Vi auguro di alimentarvi di una speranza che è nostra e di cui possiamo essere annunciatori.»

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