ROMA/LECCE – La denuncia, partita da Lecce nel giugno scorso, ha fatto finire sul registro degli indagati tre ministri del Governo italiano e sedici sindaci dello Stivale, tra i quali anche il primo cittadino di Melendugno Marco Potì, ma il pubblico ministero inquirente ha chiesto per tutti l’archiviazione.
La vicenda riguarda l’esposto presentato alla Procura di Roma dalla penalista leccese Francesca Conte che, per conto di una ventina di cooperative sociali di accoglienza di minori – attive tra la Sicilia, la Campania ed il Salento – aveva denunciato i ritardi da parte dello Stato nei pagamenti delle rette, necessarie per consentire la dovuta accoglienza ai circa 700 minori stranieri non accompagnati, giunti clandestinamente in Italia dal nord Africa ed ospitati presso dette strutture. “Insolvenze” croniche che metterebbero a rischio la permanenza degli stessi minorenni nelle cooperative.
Nella denuncia presentata nella Capitale – nella quale erano ipotizzati i reati di abbandono di minori, violazione dei mezzi di sussistenza e insolvenza fraudolenta – comparivano i nomi del Ministro dell’Interno Angelino Alfano, del Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali Giuliano Poletti, nonché quello dei sedici sindaci dei Comuni interessati: oltre a quello di Melendugno, tra gli indagati figuravano anche i primi cittadini delle città siciliane di Agrigento, Augusta, Canicattì, Ragusa, Lampedusa, Marsala, Raffadali, Ramacca, Licata, Palma di Montechiaro, Caro, Camastra, Mazara del Vallo, e quello beneventano di Sant’Agata dei Goti.
Nelle scorse settimane, il sostituto procuratore Roberto Felici, titolare dell’inchiesta, ha avanzato al giudice la richiesta di archiviazione del procedimento: “La notizia di reato – scrive il pm, motivando la sua istanza – è infondata, in quanto il pagamento alle cooperative sociali della retta dovuta per l’assistenza ai minori stranieri non accompagnati (la cui persistenze omissione senza dubbio costituisce un problema reale per la stessa sopravvivenza del servizio), non costituisce, tuttavia, un atto che deve essere compiuto senza ritardo”.
“Inoltre – continua il pubblico ministero Felici – il mancato adempimento non può essere considerato come intenzionale, oppure come indebito rifiuto di corrispondere quanto dovuto, essendo noto il fatto che il deterioramento delle condizioni della finanza pubblica ha determinato, negli ultimi anni, una protratta e generalizzata condizione di insolvenza a carico di tutti gli enti erogatori di spesa. Questa criticità – conclude – non può essere ascritta alla condotta omissiva di qualcuno”.
Alcune cooperative sociali, come denunciato dal legale, non percepiscono la retta da tre anni: un’emergenza economica, che rischierebbe di fare esplodere una “bomba sociale”, riversando in strada centinaia di piccoli ospiti.
Ed è per questo motivo che l’avvocato Conte ha già manifestato l’intenzione di opporsi fermamente all’archiviazione del procedimento: “Se passa il principio che i debitori per servizi pubblici essenziali come questi non siano dovuti al pagamento di quanto dovuto, viene meno un fondamento democratico. Se necessario, impugneremo l’archiviazione anche davanti alla Corte europea dei diritti dell’uomo”.
C.T.
(foto Ansa)