SQUINZANO – Chili di pasta e frutta, non ancora scaduti, da destinare ai poveri, buttati nelle campagne di Squinzano, vicino al cimitero, in zona Faraschita, con ancora le etichette che citano il regolamento Ue 543/11: dopo la denuncia del Corrieresalentino.it la magistratura ha aperto un’inchiesta e ha già ascoltato diversi testimoni. Cosa è successo nella catena di distribuzione? Dov’è la falla? È importante capirlo per difendere chi è in buona fede: i volontari e chi dona. Il 5 marzo è stata organizzata una nuova grande raccolta di alimenti per i poveri e diversi supermercati vi parteciperanno. La magistratura presto farà chiarezza sull’accaduto, ma una cosa è sicura, secondo quello che ci dicono i gestori del deposito di Squinzano, «il black-out non può essersi verificato nel percorso che si fa dal grande magazzino di Alessano a quello di Squinzano». È don Nicola Macculi in persona, il responsabile dei magazzini del paese, a confermare questa versione. «Il cibo, da Alessano fin qui, viene trasportato con i tir e con una certificazione che rende impossibile disperderlo. Bisogna vedere cosa è successo con le associazioni a cui lo abbiamo dato».
Quindi, esclusa questa ipotesi, il campo delle responsabilità si restringe. «Una volta arrivato a Squinzano il cibo viene distribuito ai vari enti che lavorano con noi, compresi alcuni Comuni: sono circa 90 – ci spiega il responsabile – Non riusciamo a controllare il loro lavoro effettivo: il nostro lavoro è organizzativo. Ci occupiamo di protocolli e bolle: una volta che le carte sono in regola, il nostro lavoro finisce lì». Fin qui la dinamica è molto chiara: Alessano manda il cibo al deposito di Squinzano e quest’ultimo lo distribuisce ai diversi enti, parrocchie e associazioni che hanno firmato un protocollo. Ognuno riceve il quantitativo di cibo sulla base degli assistiti che segue. Per ogni assistito bisogna esibire il modello Isee (una sorta di certificazione della povertà). «Quando vengono a sottoscrivere il protocollo ogni associazione documenta quello che ha fatto e certifica gli assistiti che ha in carico». Dunque, se da Alessano a Squinzano è tutto in regola, come sono finiti tutti quei chili di cibo nelle campagne? C’è stato un black-out che ha riguardato qualche associazione? «Sì, teoricamente sì – spiega il prete al telefono – Non so chi potrebbe essere».
«Ogni ente ha i suoi assistiti. Io escludo categoricamente il black-out da Alessano a Squinzano: bisogna vedere cosa è successo dopo. Il cibo che raccoglieremo il 5 marzo andrà per metà agli enti che raccolgono, così possono già distribuirlo, e per metà nel nostro deposito, perché ogni mese apriamo la donazione». Don Nicola spiega che il problema potrebbe essere con una delle 90 associazioni. Sono in molti a gestire questi aiuti, compresa un’associazione che fa capo a parenti di politici locali. Intanto, a Squinzano, dopo che è scoppiato il caso: si è aperta la caccia ai colpevoli, che in alcuni casi si trasforma in una vera e propria guerra di denunce. L’ultimo episodio è avvenuto questa mattina: un uomo ha notato nella macchina appartenente a uno dei volontari biscotti e cibo da destinare ai poveri e ha allertato i carabinieri con una denuncia, sostenendo che quel cibo era lì da diversi giorni e facendo video e foto (alcune, con la targa oscurata, le potete notare sotto l’articolo). «Si trattava di biscotti sbriciolati e barattolo di lenticchie che erano rimasti in macchina perché caduti durante il trasporto e da smaltire» – spiegano i responsabili dell’associazione, che hanno un centinaio di assistiti.
Chi ha fatto il video per denunciare tutto ai carabinieri in realtà è stato già denunciato più di dieci volte per stalking e probabilmente sarà denunciato per calunnia, a quanto ci dicono i responsabili dell’associazione finita nel mirino dell’«investigatore fai da te». «Per capire chi ha gettato in campagna tutto quel cibo, basta guardare il numero del lotto e si può risalire all’associazione e alle persone che hanno ricevuto gli aiuti per chiarire le responsabilità. Noi non c’entriamo nulla con quell’episodio» – spiega il volontario, che preferisce restare anonimo. Intanto, i carabinieri analizzeranno i rilievi fatti dalla polizia municipale in mattinata: per i responsabili dell’associazione presa di mira da un cittadino si tratta di «psicosi di cui sono preda alcuni compaesani».
«È possibile che siano gli stessi che li hanno ricevuti gli aiuti a buttarli» – spiega il responsabile. Se, però, tutti quei chili di cibo non scaduto sono finiti in campagna, qualcosa non è andata come avrebbe dovuto ed è un po’ improbabile che un gruppo di cittadini bisognosi si sia organizzato per gettare tutto lì. «A volte capita che partite di alimenti buoni abbiano i pidocchi – prova a ribattere il responsabile – quindi il problema è di separare le due cose». Se hanno i pidocchi, però, non devono finire nelle campagne e nemmeno nei magazzini, oltretutto quel cibo ritrovato vicino al cimitero (una grossa quantità) non sembrava avere i pidocchi. Qualcuno stava per portarsi a casa quei pacchi, dopo il ritrovamento. La pasta, secondo i testimoni, era in ottimo stato. La magistratura ci saprà dire di più: questa è l’unica certezza.
Gaetano Gorgoni