La polemica che si è scatenata in questi giorni a Lecce sulla realizzazione di due impianti fotovoltaici alle porte della città, si poteva evitare se solo il Consiglio comunale si fosse occupato dei quesiti più volte posti dalle opposizioni.
E’ stato il tema dell’incontro di oggi con la stampa e con i cittadini che protestano, del gruppo Pd al Comune. “Inutile dare la colpa a Vendola e alla Regione se l’amministrazione leccese non ha regolamentato il suo territorio” ha più volte ribadito il capogruppo Antonio Rotundo, di tutt’altro avviso l’assessore all’Urbanistica Severo Martini che individua nella Regione Puglia la responsabilità del proliferare selvaggio degli impianti di fotovoltaico. Le controversie tra l’assessore Martini e il gruppo Pd a cui si è aggiunta la vicepresidente della Regione Loredana Capone, sono partite in seguito al sit-in di protesta di mercoledi scorso, in via Rocco Scotellaro, all’interno del perimetro della tangenziale, dove stanno sorgendo due impianti fotovoltaici a ridosso di abitazioni civili.
Oggi l’opposizione di Palazzo Carafa ha voluto dettagliare la legge sulle regolamentazioni. Martini ha spiegato che al di sotto del megawatt di potenza gli impianti non necessitano di particolari rilasci se non la Dichiarazione di Inizio Attività come per qualsiasi costruzione edile, regola contenuta all’interno della legge regionale 31 del 2008, “la stessa legge permette – ha commentato Rotundo – agli amministratori comunali di dettare le regole e progettare la DIA, cosa che il comune di Lecce non ha mai fatto”. La legge 31 di Vendola è stata impugnata dalla Corte costituzionale perché ritenuta eccessivamente rigida, con una logica completamente diversa da quella che si vuole far passare sul Governo regionale di svendita del territorio, attribuendo le restrizioni nocive al libero mercato imprenditoriale. Con questo intervento centrale è stata costituita la legge cosiddetta “Salvapuglia” che detta i parametri delle DIA ai quali i legali interpellati dal gruppo Pd hanno riscontrato delle anomalia circa i termini di licenza, per cui almeno uno degli impianti in costruzione non risultano in regola e se ne potrebbe richiedere la sospensione dei lavori. Una questione di tempi tecnici, una DIA infatti è stata presentata 19 giorni prima della sentenza della Corte Costituzionale risultando non perfezionata a i parametri. Alla luce di questi nuovi aspetti, il gruppo Pd chiederà all’amministrazione comunale la revoca della licenza per almeno uno dei due impianti, possibilmente con diffida della stessa amministrazione di cui gli abitanti della zona limitrofa possono avvalersi per un eventuale ricorso al Tar secondo le nuove regole dell’ultimo provvedimento Tremonti.
“Non è un modo per attaccarsi in un contesto di campagna elettorale, dato il periodo delicato, ma di salvaguardia del territorio per il quale ci battiamo da tempo e in tanti Consigli abbiamo sollevato situazioni anomale”, s ha commentato così il consigliere Torricelli, spiegando che la lotta per la regolamentazione degli impianti fotovoltaici e delle antenne nocive per la salute sono in corso da diversi anni. La città di Lecce – ha proseguito Torricelli – ha a l suo attivo una produzione di 163 megawatt di fotovoltaico e oltre 60 di eolico. Se si considera che l’impianto eolico di Cerrate, a fronte di un investimento di 32 milioni di euro, compensa una produzione di 11 milioni di euro l’anno per 20 anni, si ha l’idea della grande speculazione economica che ruota attorno alle energie alternative. Chi amministra il territorio deve ben guardarsi dalle offerte apparentemente convenienti “e soprattutto si deve far pagare l’Ici sugli impianti – ha tuonato Torricelli – previsto per legge ma che i gestori degli impianti spesso dimenticano”.