Sono due le aziende che hanno chiesto i permessi di ricerca di idrocarburi al largo del mar Jonio, uno dei due mari che bagna la penisola salentina e, nonostante i permessi per le direttive imposte dalla legge, i sindaci delle località a maggior rischio per l’impatto ambientale insieme al presidente della provincia di Lecce, hanno firmato un documento per il “no” alle trivelle.
Il Ministero dell’Ambiente dovrà rivedere i permessi accordati con la Schlumberger Italiana S.p.A e la Global Med LLC sulla Valutazione di Impatto Ambientale che permetterebbe alle due società di scandagliare i fondali marini della costa salentina da Santa Maria di Leuca a Taranto, alla ricerca di petrolio estrattivo, stando al protocollo firmato oggi dai sindaci di Porto Cesareo, Nardò, Galatone, Gallipoli, Taviano, Racale, Alliste, Ugento, Salve, Morciano, Patù, Castrignano, Galliano, Alessano, Corsano, Tiggiano, Tricase, Andrano, Diso, Castro, Santa Cesarea e Otranto.
L’iniziativa è partita da Alessano dove si è discusso insieme al presidente della provincia per un obiettivo unitario, senza colori politici ma che mira soprattutto alla salvaguardia dell’intero territorio vocato al turismo e alla pesca. “Il tema è drammaticamente importante – ha commentato il presidente Gabellone presentando il documento che ha firmato insieme ai sindaci – la richiesta al governo regionale e centrale è di osservare con attenzione la vicenda per evitare mortificazioni al territorio specie dopo aver investito in termini architettonici e paesaggistici”.
Le società interessate all’indagine geofisica per l’individuazione di giacimenti offshore, dovrebbero agire con tecnologia air-gun, la più diffusa nei mari e negli oceani di tutto il mondo. Si tratta di “sparare” aria compressa ogni 10 secondi, a 250 decibel per 24 ore al giorno. “Una fonte di energia sismica utilizzata per l’acquisizione di dati sismici marini attraverso il rilascio in acqua di aria fortemente compressa». In pratica, a seconda della “risposta” fornita dal fondale, è possibile verificare la presenza di eventuali giacimenti”, spiega la società texana Schlumberger sul suo sito. Nonostante questa tecnica abbia superato i parametri per la VIA, le associazioni ambientaliste in altri territori hanno fatto sentire la loro voce con le stesse motivazioni che ha esposto la delegazione salentina. I rumori causati dall’air-gun provoca disorientamento e difficoltà negli “abitanti” del mare, i quali potrebbero cambiare le loro abitudini rompendo l’attuale ecosistema.
La superficie di 4030 chilometri quadrati interessati nel mar Jonio vanno dal Capo di Leuca al Golfo di Taranto passando per la costa gallipolina e le località più rinomate per il turismo balneare. Il lavoro di geosismica prevede due fasi: la prima comprende lo studio geologico e la rielaborazione e l’interpretazione dei dati acquisiti. Per questa prima fase è stata esaminata e concordata la Valutazione di Impatto Ambientale. Successivamente e secondo i dati acquisiti, si potrebbe pensare al pozzo esplorativo e per quest’ultimo non esiste VIA. Su questa fase ma non solo si basa il dissenso dei comuni rivieraschi, anche alcuni della costa adriatica, che hanno preso in considerazione le conseguenze delle esplorazioni valutate in altri siti già interessati. L’impatto sull’ecosistema marino è devastante ed interessa tutta la fauna e la flora. Molti siti della costa salentina sono protetti e di interesse comunitario e con le esplorazioni possono subire danni di ordine morfologico ma anche conseguenze negative sul turismo, oramai l’ultima spiaggia per risollevare l’economia salentina.
M. Cristina Pede