San Foca di Melendugno (Le) – Riguardo le vicende sul gasdotto della discordia, i mesi passati sono stati tutt’altro che sereni, come provano i ripetuti assedi dei No Tap al cantiere del micro tunnel; tant’è che, per spostare temporaneamente gli ulivi e consentire i lavori preliminari, è stato necessario ricorrere più volte ad un robusto cordone di forze di polizia e ciò, comunque, non ha evitato tensioni e scontri.
Nei giorni scorsi, l’ex procuratore Cataldo Motta, intervenendo sulla questione del Gasdotto Tap, ha focalizzato alcuni punti che poco hanno a che fare con il rispetto della legalità da parte di figure istituzionali che si pongono con atteggiamenti di aperto contrasto con essa.
Al procuratore Motta, ha risposto il Sindaco Potì, in una sua nota ha precisato: “Il Comune di Melendugno ha diffidato il Ministero dell’Ambiente e il Ministero dello Sviluppo Economico, ciascuno per le proprie competenze, a che Tap ag non possa procedere all’espianto degli ulivi residuati nell’area di cantiere micro tunnel antecedentemente i termini di cui alla prescrizione a.29, come integrata dalla risposta integrazioni dello stesso proponente n.42, ossia non prima dell’1 dicembre. In difetto il Comune, suo malgrado, si vedrebbe costretto a procedere legalmente nei confronti di quanti consentiranno deliberatamente violazioni alle previsioni prescrittive del dm 223/14. Tutto ciò per il rispetto della legalità, delle istituzioni e della costituzione”.
Attori importanti in questa vicenda tutta da dipanare sono sicuramente i volontari dei Comitati NoTap. Abbiamo parlato con Gianluca Maggiore portavoce No Tap e attivista del movimento da settembre 2011. A lui abbiamo chiesto di raccontarci dal suo punto di osservazione l’evolversi degli “scontri” di quel fatal luglio al cantiere dove sono stati espiantati i primi ulivi: “Le immagini e i numeri di chi ha dovuto ricorrere a cure mediche parlano chiaro. Dalle immagini si vedono solo persone con le mani alzate che vengono caricate dalla polizia, che non si è fermata neanche davanti a chi anche solo per costituzione fisica non poteva essere un pericolo per nessuno. Per avere contezza di ciò basta dare uno sguardo ai registri dei sanitari che hanno prestato le cure mediche del caso”.
In merito alla presa di posizione del Giudice Cataldo Motta sulla vicenda e quella del Sindaco Potì ci ha detto: “Il Giudice Motta, con tutto il suo da fare, probabilmente non ha minimamente contezza dell’iter che Tap ha seguito nella vicenda dell’espianto, perché, se l’avesse, la sua posizione sarebbe stata sicuramente diversa. Partiamo dal presupposto che il Progetto non ha avuto alcun parere positivo da ciascuno degli enti preposti, ma l’iter è stato sbloccato solo per decreto rinviando i problemi senza risolverli e gli enti preposti non hanno potuto espletare le funzioni proprie, parliamo naturalmente di Comune e Regione. Quindi la posizione del Giudice è monca di una conoscenza approfondita dei fatti”.
Sullo stato dell’arte del cantiere invece: “La situazione del cantiere è ferma al quattro luglio scorso, la sua superficie è una porzione di quella generale e non rispecchia il progetto presentato dalla multinazionale, bocciato e sostituito da un nuovo progetto che non rispecchia l’area dei lavori e questi ultimi sono praticamente fermi. L’Area di sette ettari in masseria del Capitano in cui sono stati messi a dimora i 178 ulivi si trovano in un manufatto privo di qualsiasi titolo abilitativo, altri 42 sono al di fuori dalla serra stessa. Da tenere presente che non è stata eseguita alcuna profilassi e spostando gli alberi senza profilassi hanno spostato sicuramente anche il batterio. La Centrale di depressurizzazione, che verrà realizzata in adiacenza a masseria del Capitano, sarà ubicata come ci dice Gianluca Maggiore fra Calimera Castri Vernole e Melendugno con un ulteriore problema di creazione di nubi pericolose di miscele di gas. Tanti quindi i problemi – chiosa – i lavori dei vari comitati che via via stanno sorgendo, seguiranno molto da vicino l’evolversi del progetto e sicuramente daranno battaglia alla multinazionale. Questa vicenda potrebbe riportare alla mente l’episodio di Davide e Golia … e com’è andata a finire è cosa nota”.
Oronzo Perlangeli