LECCE – “Ho atteso con grande serenità e accolto con gioia la sentenza d’appello che riconferma quella di primo grado. Assolto perché il fatto non sussiste. Sei anni e quintali di carta per accertare che le accuse erano prive di fondamento. E alla luce di questa sentenza spero che coloro i quali hanno scritto la sceneggiatura di questa commedia riflettano sul significato di Verità e Giustizia ma soprattutto su quello di Onestà intellettuale”. L’ex rettore Domenico Laforgia commenta così la sentenza che lo riguarda: ancora un’assoluzione, dopo i duri anni del fango. Sei anni fa erano scesi quasi tutti in campo per puntare il dito contro il professore di Ingegneria. In molti sposarono la tesi dell’accusa: tutto si trasformò in una battaglia politica, senza un minimo di garantismo. I detrattori dell’ex rettore sostenevano che l’accusaro avrebbe dovuto astenersi, essendo rettore e componente del Cda, dal voto che autorizzò l’iter per avviare due brevetti. Secondo l’accusa, infatti, visto che c’era di mezzo la Laforgia Bruni & partner” (a cui apparteneva anche il figlio Maurizi) non sarebbe stato rispettato il codice etico universitario.
I due progetti insieme funono finanziati dall’Agenzia regionale per l’innovazione con poco più di 12 mila euro. Gli avvocati Michele Laforgia e Viola Messa più volte spiegarono, carte alla mano, che tutto l’operato dell’ex rettore fu più che legittimo e che quei decreti per autorizzare l’iter dei brevetti erano necessari. Ci sono voluti anni e due sentenze d’assoluzione per affermare la verità. Ora l’ex rettore chiede a tutti di fare un esame di coscienza. “Credo che dovremmo farlo un po’ tutti, chiederci come sia possibile perseguire per 6 anni una persona innocente soltanto perché avversa al sistema. È un interrogativo che la società civile dovrebbe porsi. Per quanto mi riguarda continuerò a vivere come ho sempre fatto, alla luce del sole, dicendo quello che sento, accogliendo le conseguenze del mio agire con la tranquillità di chi non ha scheletri nell’armadio. prof. Domenico Laforgia”.