Il Sabato santo, così come prescrive il Messale Romano, la Chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua Passione e Morte, la sua discesa agli inferi, astenendosi dal celebrare il sacrificio della Messa (la messa resta senza tovaglie e ornamenti) fino alla notte della Risurrezione. In Veglia, in silenzio, in attesa che la vita vinca sulla morte: «A volte il buio della notte sembra penetrare nell’anima; a volte pensiamo ormai non c’è più nulla da fare[…]. La nostra vita non finisce davanti alla pietra di un Sepolcro, la nostra vita va oltre con la speranza al Cristo che è risorto proprio da quel sepolcro. Come cristiani siamo chiamati ad essere sentinelle del mattino, che sanno scorgere i segni del Risorto, come hanno fatto le donne e i discepoli accorsi al sepolcro all’alba del primo giorno della settimana» (Papa Francesco).
Che cosa significa per la nostra vita la Risurrezione? E perché senza di essa è vana la nostra fede?
Papa Francesco durante un’udienza generale risponde: «La nostra fede si fonda sulla Morte e Risurrezione di Cristo, proprio come una casa poggia sulle fondamenta: se cedono queste, crolla tutta la casa. Sulla croce, Gesù ha offerto se stesso prendendo su di sé i nostri peccati e scendendo nell’abisso della morte, e nella Risurrezione li vince, li toglie e ci apre la strada per rinascere a una vita nuova».
La Risurrezione non può essere ‘dimostrata’ da indagini razionali e prove certe, inoppugnabili e inconfutabili, ma testimoniata attraverso il ‘credo’ della nostra fede: tutto cambia perché Cristo è risorto, è veramente risorto! Sì, la Pasqua non è una bella e suggestiva favoletta ‘confezionata’ per l’occasione, ma è un’incredibile e meravigliosa realtà. Tutti, probabilmente, abbiamo pensato, almeno una volta nella vita, che la morte dovesse essere la fine di tutto, un angosciante e spaventoso appuntamento che fagocita tutto nel buco nero del nulla: meglio non pensarci, perché la paura, altrimenti, ci inghiotte nelle gelide nevrosi. È il momento di prendere in considerazione alternative per frenare il senso di angoscia e di annullamento dell’uomo, che potrebbero trovare espressione nella proposta di Lorenzo de’ Medici, per esempio, “chi vuole essere lieto, sia, di domani non c’è certezza”, oppure nell’oraziano “carpe diem”. Ma l’attimo, già prima di essere afferrato e goduto, è svanito, perso. Nulla di effimero disseta la nostra sete di senso, di verità e di eternità. Le offerte del ‘mercato’ non placano, definitivamente, le inquietudini dell’uomo. Il dubbio martella la nostra mente in curve paraboliche di interrogativi e risposte vane, le tempie sembrano quasi scoppiare: “ma che ci sarà dopo la morte? Che senso ha questa vita?”. Per il credente solo l’incontro con Gesù può dare una risposta valida, ‘appagante’, l’incontro col Mistero della sua Risurrezione. Un atto di fede, nella sua professione: “Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture ed è salito al Cielo e siede alla destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ed il suo Regno non avrà fine”.
E con lui risorgerò anch’io, anche tu, anche voi, risorgeremo tutti noi!
Perché? Dio ci ama, follemente.
E allora:
Cari amici,
come vorrei che il mio augurio, invece che giungervi
con le formule consumate del vocabolario di circostanza,
vi arrivasse con una stretta di mano, con uno sguardo
profondo, con un sorriso senza parole!
Come vorrei togliervi dall’anima, quasi dall’imboccatura
di un sepolcro, il macigno che ostruisce la vostra libertà,
che non dà spiragli alla vostra letizia, che blocca la vostra pace!
Posso dirvi però una parola. Sillabandola con lentezza per
farvi capire di quanto amore intendo caricarla: “coraggio”!
La Risurrezione di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore,
è il paradigma dei nostri destini. La Risurrezione. Non la
distruzione. Non la catastrofe. Non l’olocausto planetario. Non
la fine. Non il precipitare nel nulla.
Coraggio, fratelli che siete avviliti, stanchi, sottomessi ai potenti
che abusano di voi. Coraggio, disoccupati. Coraggio, giovani
senza prospettive, amici che la vita ha costretto ad
accorciare sogni a lungo cullati. Coraggio, gente solitaria,
turba dolente e senza volto. Coraggio, fratelli che il
peccato ha intristito, che la debolezza ha infangato, che
la povertà morale ha avvilito.
Il Signore è Risorto proprio per dirvi che, di fronte
a chi decide di “amare”, non c’è morte che tenga, non
c’è tomba che chiuda, non c’è macigno sepolcrale che
non rotoli via.
Auguri. La luce e la speranza allarghino le feritoie
della vostra prigione.
Vostro don Tonino Bello
Buona Pasqua a tutti i lettori del Corriere Salentino!
Manuela Marzo