di F.Oli.
CASTRIGNANO DEL CAPO/TRICASE (Lecce) – Dieci anni di reclusione per aver ferito gravemente la fidanzata in preda a un mix di gelosia e rabbia. È la sentenza, emessa in abbreviato dal gup Carlo Cazzella, nei confronti di Giorgio Vitali, 30enne di Castrignano del Capo, accusato di tentato omicidio aggravato dai futili motivi. Il giudice per l’udienza preliminare ha accolto integralmente la richiesta di condanna invocata dal pubblico ministero Maria Rosaria Micucci, pm di udienza e titolare del fascicolo. Il dispositivo contempla, sempre nei confronti dell’imputato, l’interdizione in perpetuo dai pubblici uffici e la misura di sicurezza della libertà vigilata per 3 anni. “Una sentenza che serva da monito contro simili episodi”, dichiara l’avvocato Carlo Chiuri (legale della ragazza, Stefania De Marco, 27enne di Tricase) e una lezione severa a chi si permette di compiere reati di questa gravità in un periodo storico in cui la donna rischia sempre più di finire nel mirino di uomini violenti. Vitali dovrà anche risarcire con una provvisionale di 20mila euro la vittima e con 5mila ciascuno dei genitori (il padre Giuseppe rappresentato dall’avvocato Luciano De Francesco e la madre Francesca Melcarne, con l’avvocato Luciano Urso). Il resto del danno sarà quantificato in separata sede. L’aggressore non era presente. È sempre detenuto e dietro le sbarre rimarrà anche dopo la sentenza. La vittima, invece, dopo una lunga degenza accusa ancora qualche piccolo fastidio. E ha preferito attendere l’esito del processo da casa.
La vicenda, già grave di per sè, assunse i contorni del caso giudiziario subito dopo l’arresto del giovane operato con un’indagine tanto veloce quanto incisiva dei carabinieri di Tricase (al comando del capitano Alessandro Riglietti). L’allora gip Vincenzo Brancato, infatti, pur convalidando l’arresto alleggerì il carcere con i domiciliari per il pentimento dimostrato e lo status di incensurato; provvedimento che irritò inquirenti, investigatori e opinione pubblica. Ancor prima di ricorrere a provvedimenti tampone (il pm Micucci e il Procuratore capo Leonardo Leone De Castris impugnarono l’ordinanza) fu lo stesso Vitali a compiere un passo falso. Pur trovandosi ai domiciliari, infatti e con il divieto tassativo di non comunicare con il mondo esterno, contattò la vittima e alcune sue amiche. Tanto da finire nuovamente in carcere per evasione.
L’accoltellamento avvenne in casa dei nonni della ragazza, a Morciano di Leuca, il 2 settembre scorso. Vitali, colto da un raptus di gelosia, pugnalò la fidanzata con un coltello da cucina con 17 coltellate (tre fendenti assestati all’altezza della nuca; altri quattro all’addome) per poi cercare di strangolarla. Subito dopo la vittima contattò telefonicamente un’amica in comune che, a sua volta, allertò il servizio di emergenza del 118 giunto sul posto con un’ambulanza. Per le gravi ferite riportate la 27enne venne ricoverata nel reparto di rianimazione dell’ospedale di Tricase.
Le ricerche del giovane scattarono in breve. Vitali venne bloccato e accompagnato in caserma per essere interrogato alla presenza del suo avvocato Paolo Pepe. Dopo aver fornito versioni contrastanti confessò l’accoltellamento consentendo ai militari anche di recuperare l’arma, gettata in un boschetto nei pressi dell’abitazione del nonno materno della ragazza. Per il giovane scattarono le manette con l’accusa di tentato omicidio aggravato dai futili motivi, reato poi confermato dopo una consulenza del medico legale Ermenegildo Colosimo che accertò la gravità delle lesioni.
E la discussione degli avvocati Paolo Pepe e Federico Martella si è incentrata sulla concessione delle attenuanti generiche in virtù di uno stato di eccesso emotivo e passionale richiamando una recente sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Bologna (che ha fatto il giro dei media nazionali) con cui i giudici hanno dimezzato la pena ad un imputato per un omicidio di una donna ravvisando una “tempesta emotiva” determinata dalla gelosia. In sostanza innamorato perso Vitali si rese conto quel giorno di aver perso definitivamente la sua ragazza. Da qui una reazione per quanto spropositata ma frutto di un momento di totale confusione e smarrimento che avrebbe portato il giovane ad armarsi e ferire la fidanzata. Per appellare la sentenza bisognerà attendere 90 giorni. È il termine massimo entro cui il giudice dovrà depositare le motivazioni.