di Francesco Oliva
ACQUARICA DEL CAPO/TRICASE (Lecce) – Spaccio, estorsioni ai danni di clienti insolventi, rapine e persino un giro di lucciole in un appartamento di Lecce. Grazie anche alla presunta complicità di un carabiniere “confidente” che avrebbe riferito ad uno dei principali indagati notizie riservate su indagini in corso. C’è tutto questo in un’inchiesta condotta dai carabinieri della Compagnia di Tricase giunta al capolinea con un avviso di conclusione delle indagini preliminari a firma del pubblico ministero della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Carmen Ruggiero. Otto gli indagati: Graziano De Paola, 26enne; Pierpaolo Pizzolante, 29 anni e Ivan Calzolaro, 24 anni; Salvatore Duca, 54 anni; Luca Giunca, 28 anni; Mirko Scotti, 26 anni, tutti di Acquarica del Capo; Alessandro Esposito, 37 anni, di Tricase e il carabiniere Sergio Bramato, 51 anni, di Miggiano. Le accuse contestate, a vario titolo, agli indagati sono quelle di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio, sequestro di persona, tentata e consumata estorsione, rapina aggravata, rivelazione di segreti di ufficio, porto e detenzione di arma da fuoco.
L’ASSOCIAZIONE
Di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti rispondono Pierpaolo Pizzolante, Graziano De Paola e Ivan Calzolaro. Il sodalizio sarebbe stato attivo tra ottobre 2013 e aprile dell’anno successivo. Centrale il ruolo di Pizzolante che, come vedremo, avrebbe anche instaurato una solida amicizia con un militare dell’Arma. Il 29enne avrebbe custodito la droga; distribuito la sostanza tra i presunti componenti che provvedevano alla successiva vendita e reimpiegato il danaro provento dell’attività di spaccio. In più avrebbe gestito eventuali contrasti con gli acquirenti della droga; determinava, insieme a De Paola, le strategie da adottare sul numero di spacciatori di cui avvalersi; provvedeva al recupero dei crediti maturati; deteneva le armi, in particolare due pistole semiautomatiche e due fucili di cui uno a pompa, utilizzati per compiere intimidazioni nei confronti dei concorrenti per acquisire e conservare il controllo del mercato dello spaccio. Al suo fianco De Paola. Il 26enne, racconta l’indagine, contattava i fornitori di sostanza stupefacente; provvedeva al taglio e al confezionamento; custodiva le armi; provvedeva all’invio di denaro per il mantenimento in carcere di loro acquirenti nel caso di arresto dopo aver detenuto lo stupefacente. Nella presunta organizzazione anche Calzolaro; un minore, invece, per il quale si è proceduto separatamente, avrebbe custodito la droga in casa dove veniva preparata e confezionata per la successiva attività di spaccio.
LE ACCUSE CONTRO IL CARABINIERE
Nell’avviso, notificato di recente, compare anche un carabiniere. Bramato, difeso di fiducia dagli avvocati Luigi Corvaglia e Michele Sperti, risponde di due episodi di rivelazione di segreti d’ufficio. Questo perché, secondo investigatori e inquirenti, il 18 dicembre del 2013, quale appuntato dei carabinieri in servizio presso la caserma dei carabinieri di Presicce, avrebbe rivelato a Pierpaolo Pizzolante notizie d’ufficio che dovevano rimanere segrete relative al contenuto di un colloquio intrattenuto con il padre di uno degli indagati a cui seguiva la presentazione di una denuncia; in particolare il carabiniere avrebbe riferito del ritrovamento da parte del padre di cocaina conservata dal figlio e delle minacce di morte a lui rivolte da Ivan Calzolaro e Graziano De Paola per ottenere la restituzione della sostanza stupefacente; inoltre avrebbe messo in guardia Pizzolante circa l’opportunità di salire sulla loro auto. Gli stessi colleghi del militare hanno ricostruito un’altra soffiata. Risale al 31 dicembre del 2013. Quel giorno di fine anno, Bramato avrebbe rivelato a Pierpaolo Pizzolante che C.C., condotto in caserma su denuncia della madre, raccontò ai carabinieri di aver picchiato l’anziano genitore per ottenere 500 euro da consegnare a Graziano De Paola per l’acquisto di cocaina.
LE ALTRE ACCUSE
De Paola, Pizzolante, Giunca e Calzolaro rispondono di sequestro di persona ed estorsione aggravata. Il 22 marzo Giunca avrebbe intimato D.C. di salire a bordo della sua auto seguendolo fino alla zona denominata “Calvario” dove ad attenderli vi erano Pizzolante, Urso e De Paola. Quest’ultimo puntava al volto di D.C. un fucile a canne mozze urlando che lo avrebbe ucciso; quindi Pizzolante Giunga e Urso avrebbero costretto la vittima a salire su un’Audi e condotto in una zona di campagna dove, fucile puntato in faccia, i suoi aggressori lo avrebbero accusato di essersi impossessato di 47 grammi di cocaina. D.C. sarebbe stato liberato solo mezz’ora dopo quando venne riaccompagnato in zona “Calvario”. Il giorno dopo De Paola, Pizzolante e Urso si sarebbero recati a casa di D.C. e della sua fidanzata intimandolo di riconsegnare la sostanza stupefacente sottratta perché solo così non gli sarebbe accaduto nulla di male. D.C. avrebbe effettivamente restituito la cocaina che riponeva all’interno della cassetta postale della propria abitazione e che veniva materialmente recuperata da Di Paola e Calzolaro.
Pizzolante deve difendersi anche del reato di favoreggiamento della prostituzione. Fino al 16 aprile del 2014, avrebbe concesso in locazione e titolo oneroso a prostitute un immobile di sua proprietà e di un’altra persona.
Pierpaolo Calzolaro risponde di tentata estorsione. Il 4 marzo del 2014 avrebbe costretto F.M. a corrispondergli la somma di 400 euro di cui era debitore dopo l’acquisto di droga tramite ripetute minacce per telefono intimandogli di adempiere al debito.
Ivan Calzolaro, insieme al minore, è accusato di una rapina compiuta il 12 dicembre del 2013 ai danni del bar tabacchi “Caffè d’Arte” di Acquarica del Capo. Il minore, armato di pistola e con il volto travisato da passamontagna e Calzolaro con una sciarpa avvolta al collo, puntarono l’arma contro la titolare per poi impossessarsi di 500 euro.
Nel collegio difensivo anche gli avvocati Silvio Giardiniero, Andrea Starace e Anna Maria Marzo.