F.Oli.
NOVOLI (Lecce) – Potrebbe finire davanti alla Corte Costituzionale il processo a carico di Fulvio Indirli, il direttore dell’Unità di Radiodiagnostica del presidio territoriale di Campi Salentina, accusato di assenteismo. Il gup Giovanni Gallo, nel giudizio in abbreviato, ha infatti congelato qualsiasi decisione nonostante il pubblico ministero Donatella Palumbo avesse chiuso il proprio atto d’accusa invocando la condanna ad 1 anno e 8 mesi per l’imputato (richiesta ora sospesa). Il giudice dovrà pronunciarsi su un’eccezione di legittimità costituzionale sollecitata nel corso dell’arringa conclusiva dagli avvocati Giuseppe Romano e Lello Rodio (quest’ultimo del Foro di Bari) per i quali la norma che incrimina Indirli si deve ritenere illegittima dal punto di vista costituzionale.
In caso di accoglimento il processo potrebbe finire davanti alla Corte Costituzionale che dovrà pronunciarsi sulla validità dell’eccezione. Il fascicolo tornerebbe nella fase delle indagini preliminari. Il pm, a quel punto, dovrebbe formulare un nuovo capo d’imputazione inserendo la modifica della norma e lo sky line processuale muterebbe profondamente con le percentuali in netto rialzo per l’imputato di essere assolto. Per il momento, però, si tratta solo di prospettazioni teoriche. Nella pratica, a conclusione dell’udienza odierna, la Procura ha avanzato richiesta di condanna a conclusione di un’indagine che vede al centro il noto medico già sottoposto alla misura interdittiva di 6 mesi (nel frattempo decaduta perché Indirli è andato in pensione).
Ad incastrarlo sono stati a luglio carabinieri del Nucleo operativo di Campi, diretti dal tenente Antonio Saponaro. Gli accertamenti hanno riguardato ottobre e novembre 2017. Le assenze sarebbero state sistematiche, per quanto variabili. A fronte di 38 ore settimanali dichiarate, il medico ne avrebbe svolte 34. Si sarebbe anche attribuito straordinari: 47 ore a fronte delle 32 settimanali lavorate. Nelle ore in cui il direttore non era in ospedale si adoperava per faccende personali. Come praticare sport all’aperto.
I carabinieri lo hanno pedinato per diverso tempo, registrando i suoi movimenti: la mattina si presentava puntuale in ospedale, strisciava il badge ma dopo qualche ore andava via, a volte uscendo dalla porta secondaria. Nelle ore pomeridiane, invece, spesso al dottore bastavano pochi minuti: il tempo di entrare, strisciare la tessera magnetica per poi allontanarsi. Il più delle volte, la meta era sempre la stessa: il suo lido-hotel a Porto Cesareo.
L’interdizione, richiesta dal pm Maria Vallefuoco, è giunta dopo l’interrogatorio in cui, il 9 luglio scorso, il professionista ammise in parte le sue colpe, ravvedendosi per quanto fatto. In quella stessa sede, il medico sottolineò di “aver sempre adempiuto, anche in misura ultronea rispetto a quanto strettamente dovuto, alle necessità dell’utenza, e ciò soprattutto in virtù dell’essere l’unico “tacchista” in servizio presso quel presidio ospedaliero, nonostante le patologie che da tempo lo affligevano”. Nel processo, come parte civile, compare l’Asl (assistita dall’avvocato Alfredo Cacciapaglia) che ha chiesto un risarcimento di 53mila euro.