di Gaetano Gorgoni
LECCE – Una leucemia mieloide acuta ha stroncato un elettrauto leccese a causa dell’ambiente insalubre in cui ha lavorato per anni. Non è la prima volta che accade. Polveri sottili, olii, scarti di batterie: alla fine, dopo decenni di lavoro, l’uomo si è ammalato ed è morto. Si tratta di una di quelle morti sul lavoro più subdole e difficili da riconoscere, che il decreto legislativo 81/2008 prova a prevenire con tutta una serie di regole e precauzioni. Morire è facile anche in un’officina e non solo per un infortunio, ma anche per una malattia professionale. L’INAIL, però, ha insistito per non concedere la causa di servizio, basandosi sul presupposto che la patologia da cui era affetto l’uomo poi deceduto “non fosse eziologicamente collegabile all’ attività di elettrauto svolta”. In altre parole, per l’Istituto Nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro non vi era alcuna certezza sul collegamento tra la malattia e l’attività professionale dell’uomo. Ma la moglie dell’elettrauto insieme al suo legale, l’avvocato Francesco Foresio, ha tenuto duro, anche dopo la sconfitta in primo grado e alla fine la Corte d’Appello di Lecce (sezione lavoro), presieduta dalla dottoressa Daniela Cavuoto, le ha dato ragione, accogliendo la domanda dell’appellante, che ora avrà diritto alla rendita in qualità di superstite. La moglie percepirà assegni della malattia professionale insieme agli interessi. L’INAIL dovrà pagare anche le spese legali.
I MOTIVI DELLA SENTENZA
L’ appellante ha lamentato l’erroneità della decisione di primo grado sostenendo che, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo grado sulla base dell’espletata consulenza medico-legale, la patologia denunciata che aveva causato il decesso del suo dante causa aveva natura di malattia professionale.
L’I.N.A.I.L., costituitosi in giudizio con memoria depositata il 6.09.2015, ha chiesto il rigetto dell’appello. A fugare ogni dubbio la consulenza del Tribunale: un atto di verifica imparziale che spiega che la malattia che ha stroncato l’uomo non poteva non essere stata causata anche da quell’ambiente insano e da quei materiali che ha maneggiato per anni. Del resto, la legge spiega che “il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, principio secondo cui va riconosciuta efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, salvo che sopravvenga un fattore sufficiente da solo a determinare l’evento, interrompendo quindi il nesso eziologico tra le cause antecedenti ed il danno. Inoltre perché possa escludersi il nesso causale occorre, nel caso di lesioni del bene della vita, che il fatto ( ovvero l’esposizione a rischio a causa dell’attività lavorativa) non solo non abbia causato l’evento danno (lesione psico-fisica- decesso) ma non l’abbia nemmeno accelerato.
L’uomo è stato titolare di officina meccanica ed elettrauto dal 1983, ed in precedenza dal 1973 al 1977 è stato dipendente presso aziende analoghe come apprendista e presso una ditta leccese sino ad aprile 1983.
La moglie ha provato che il proprio marito ha svolto riparazioni per cui si rendeva necessario prima di ogni riparazione intervenire con l’aria compressa per liberare il vano motore dalle polveri sottili, fibre di amianto e dei ferodi dei freni; dopo questa fase preparatoria svolgeva le riparazioni che necessitavano lo stretto contatto con oli esausti ed altri componenti chimici tipo il benzene ed il piombo presenti nel motore della tua vettura; che le batterie, mentre oggi vengono installate nel vano motore preconfezionate quindi pronte per l’installazione, in precedenza fino a 7-8 anni fa venivano preparate direttamente dal singolo elettrauto, il quale manualmente confezionava la batteria da porre nelle automobili; inoltre vi erano le batterie esauste le quali molto spesso causavano fuoriuscita di materiale altamente tossico.
In sede di costituzione in giudizio di primo grado INAIL ha solo dedotto che la patologia denunciata leucemia mieloide acuta, non potesse essere messa in relazione con la su descritta attività di elettrauto. Ma la documentazione medica e l’esito della consulenza del tribunale ha portato ad altre conclusioni: “tutte le leucemie dell’adulto in genere, ma in modo particolare le leucemie mieloidi acute (LMA) possono essere classificate come malattie work-related, in cui le attività occupazionali sono da considerarsi come un fattore di rischio da associare alla multi-etiologia di queste malattie; che tra i fattori di rischio ambientali principalmente chiamati in causa per l’insorgenza di LMA vi è certamente il benzene, ma che un ruolo può essere attribuito a formaldeide ed esistono ipotesi che chiamano in causa anche i campi elettromagnetici a bassa frequenza. Analizzando l’ambito medico-legale ed assicurativo per le malattie professionali, il CT ha rammentato che già il DPR 336/1994, recante la tabella delle malattie professionali indennizzate da INAIL ed il successivo Decreto Ministeriale 9 aprile 2008 hanno riconosciuto la presunzione legale della natura professionale alle leucemie mieloidi acute insorti in lavoratori esposti a benzene, restando se del caso a carico di INAIL dimostrare negli esposti una diversa causa.
Il consulente ha ritenuto che i fattori lavorativi di rischio sopra indicati siano stati presenti in modo non occasionale nell’attività lavorativa dell’elettrauto; egli ha svolto la sua attività di meccanico-elettrauto a partire dal 1973 dapprima come apprendista e dipendente e poi dall’aprile del 1983 come artigiano, principalmente elettrauto; ha evidenziato che i fattori di rischio connessi alle predette attività non possono essere valutati in relazione a quello che è oggi il comparto, come sembra fare INAIL, essendo intervenuti rispetto agli anni 70’ ed 80’ radicali cambiamenti;
Il CT ha poi chiarito che la neoplasia ha provocato a partire dalla data della sua emersione sul piano clinico, ovvero settembre 2011, e fine al decesso intervenuto il 22.10.2011, la totale inabilità dell’uomo sia per le menomazioni direttamente provocate che per quelle indotte dalla terapia citostatica.
Il Ct ha concluso che l’elettrauto per oltre 30 anni ha svolto mansioni che lo hanno esposto alla inalazione di gas di scarico di autoveicoli contenenti benzene e formaldeide che hanno concorso a provocare la sua leucemia mieloide acuta; a suo parere nella definizione del nesso causale il dante causa ha diritto a vedersi riconosciuta la presunzione legale dell’origine professionale della malattia che lo ha portato a morte, essendo stato esposto ad un cancerogeno riconosciuto capace di provocarla nell’attuale tabella delle malattie professionali, dovendosi escludere il ruolo esclusivo di altri meccanismi etiopatogenetici non lavorativi .
Anche a parere della Corte nella eziopatogenesi della leucemia mieloide acuta di cui è stato affetto Falco Francesco sono intervenuti con un ruolo almeno concausale fattori di rischio presenti nel suo ambiente di lavoro in concorso con un unico fattore extralavorativo documentato che è rappresentato dal fumo di sigaretta.