TIGGIANO (Lecce) – Inviate da due soldati al fronte più di un secolo fa, anziché giungere a destinazione sono finite – per chissà quale motivo – in un vecchio libro di santi custodito da un’anziana del Capo di Leuca, oggi defunta.
Trovate dal nipote della donna mentre riordinava la casa della zia, lunedì hanno ripreso il loro viaggio verso Castellina e Massa Marittima, (nel Parmense nel Grossetano), dove erano state spedite dai due militari impegnati nella Grande Guerra. E a giorni giungeranno finalmente nelle mani dei discendenti di chi aveva scritto ad amici e famiglia, che da oltre cent’anni attendevano l’arrivo di quelle due cartoline, speranzosi di ricevere buone notizie dai propri cari impegnati a combattere il primo conflitto mondiale.
Tutto ciò è stato possibile grazie all’ostinato e caparbio lavoro di ricerca di Franco Nuccio, quarantaseienne di Tiggiano, in provincia di Lecce, che circa un mese fa – nel riordinare l’abitazione di zia Adalgisa, scomparsa due anni fa – si è imbattuto per caso in due vecchie cartoline ingiallite dal tempo, datate 1915 e 1917, che risultavano essere state spedite rispettivamente da Caporetto e da un’altra imprecisata “zona di guerra”, tra l’altro firmate e dirette a dei perfetti sconosciuti, che non erano suoi parenti neppure alla lontana.
Da grande appassionato di Storia qual è, Franco Nuccio – notando sulle cartoline il timbro di “posta militare” che le riconduceva alla prima guerra mondiale – si è subito incuriosito. E così, intenzionato ad andare fino in fondo alla vicenda, si è lanciato nell’ardua impresa di rintracciare i parenti dei soldati o dei destinatari delle due missive, per riconsegnare ai discendenti un ricordo dei loro antenati, forse anche la loro ultima testimonianza tangibile prima di morire.
Spedita il 20 luglio 1915 da Caporetto e dal tenore patriottico – “faremo per l’Italia ciò che occorrerà”, si legge tra le righe – una delle cartoline era firmata dal soldato Luigi Calastri ed era indirizzata a tal Bernardino Carboncini di Massa Marittima, mazziniano e fervente repubblicano, punto di riferimento per i soldati massetani al fronte.
L’altra, inviata il 4 aprile 1917 da una non meglio specificata “zona di guerra” e diretta nel Grossetano, invece, era stata scritta dal soldato Vittorio Balocchi al fratello Paolo per rassicurarlo circa il suo “ottimo stato di salute”, per sincerarsi delle condizioni della sua famiglia, per chiedere come mai non avesse notizie dell’altro fratello Aldo e per augurare a tutti buone feste pasquali. Quattro giorni dopo l’invio della cartolina, infatti, sarebbe stato il giorno di Pasqua: dal fronte, invece, quel soldato non fece più ritorno.

“Come siano finite le due cartoline nel libro della zia resta un grande mistero, anche perché una delle due presenta soltanto il timbro postale di invio e non anche dello di arrivo – racconta Franco Nuccio, ex assessore comunale alla cultura e fondatore del museo storico della civiltà contadina di Tiggiano – dopo essermi rivolto ai gruppi Facebook delle due cittadine, in pochi giorni sono riuscito a risalire ai discendenti dei mittenti e dei destinatari delle due cartoline: a Milano ho rintracciato la signora Rosanna, nipote del soldato Balocchi, che era suo nonno. Per ora non sono riuscito a risalire agli avi di Calastri, il mittente dell’altra cartolina, ma a Colle Val d’Elsa, in provincia di Siena, ho rintracciato l’ultimo nipote ancora in vita di Carboncini, il signor Sergio, che oggi ha 87 anni. Ci siamo già sentiti per telefono: erano tutti increduli e commossi”.
Le due cartoline – come detto – dopo oltre un secolo sono di nuovo in viaggio: questa volta però tramite raccomandata, per non correre il rischio che finiscano di nuovo tra le pagine di qualche vecchio libro.