Mentre i movimenti e i protagonisti della scena politica cambiano (ma non troppo) l’Italia è ferma. I ponti crollano, le strade come la 275 nel Salento non si fanno, i giovani scappano all’estero e i burocrati regnano incontrastati.
Ad aprile del 2015 crolla un viadotto sull’autostrada Palermo-Catania: il traffico viene bloccato in tempo per impedire che un tir scatenasse la tragedia. Poi la tragedia è arrivata altrove, sul ponte Morandi. Quest’anno è toccato al viadotto sulla Torino-Savona. Il paese continua a crollare a pezzi da anni, ma quando non ci sono vittime i media non se ne accorgono. È un’Italia friabile, fatiscente in molte aree, abbandonata a se stessa, spremuta dagli speculatori e dai “furbetti del quartierino”.
È un’Italia che non cresce economicamente, soprattutto al Sud, assaltata da multinazionali che percepiscono finanziamenti pubblici e dopo qualche anno delocalizzano (a Lecce tutti ricordano la vicenda della BAT: bilancio in attivo, ma fuga altrove per guadagnare di più).
Non è stato mai messo in atto un piano preventivo serio per rendere sicure e per ammodernare le grandi infrastrutture.
I treni e sono veloci a nord e lenti al sud: ben tenuti sopra, malandati sotto, come la sanità che non siamo ancora riusciti a parificare del tutto.
Non siamo più in grado nemmeno di ammodernare una strada: discutiamo da oltre un ventennio della statale 275, che collega Maglie a Santa Maria di Leuca. Mentre la “strada della morte” inghiotte vite umane noi, dopo un’infinità di contenziosi, siamo lì fermi ad aspettare.
È tutto infinitamente lento in questo paese, mentre invecchiamo e ci prepariamo a consegnare ai nostri figli un posto da cui scappare.
È difficilissimo persino costruire un parcheggio come quello dell’Ex Massa a Lecce (basta trovare le rovine delle fondamenta di una chiesetta per tenersi un buco urbano per anni), non abbiamo nemmeno più notizie dell’ex Enel, dopo grandi annunci di speranza.
Poi c’è il turismo e la necessità di infrastrutture. Ma se ci spostiamo a Otranto scopriamo che i pontili d’inverno danno fastidio alla vista, al paesaggio, mentre d’estate no: bisognerà smontare tutto disperdendo soldi pubblici?
Futuro incerto anche per il paesaggio: la Xylella ha cambiato i connotati al territorio e dobbiamo provvedere a piantare nuovi alberi resistenti o nuove specie. Bisogna fare in fretta per eradicare ulivi morti e piantare nuovi alberi, invece, ci incartiamo tra contenziosi, burocrazia, leggi poco chiare e lentezza.
Poi c’è la questione rifiuti: non riusciamo a chiudere il ciclo da troppi anni. Portiamo la spazzatura lontano e paghiamo di più. Non va bene nemmeno con la giustizia con processi infiniti. Il presidente della Corte D’Appello Tanisi ci ha spiegato che se a Lecce si riesce a far andare in prescrizione solo il 5 % dei processi, ci sono tribunali dove si arriva al 40%. La soluzione della politica? Inventarsi l’imputato a vita. Insomma, da un eccesso all’altro, anziché garantire la ragionevole durata dei processi con più personale, meno burocratizzazione (utilizzando le nuove tecnologie) e depenalizzazione dei reati minori. Lo si vede anche nel campo dell’informazione: si continuano a intasare i tribunali con denunce per diffamazione pretestuose (processi e indagini che durano anni).
Intanto il Rapporto Svimez ci avvisa che ci sono 2 milioni di emigrati dal Sud in 15 anni e che dobbiamo dire addio ai giovani lavoratori qualificati.
Chi ha costruito negli ultimi 25 anni questo mercato spietato, questa precarizzazione selvaggia, questa cinesizzazione del lavoro? Chi ha costruito una tassazione insostenibile per le piccole imprese oneste?
Riusciremo a fare un passo indietro prima del precipizio?
Mentre nelle piazze siamo intenti a fare le sardine o i gattini, i guelfi o i ghibellini, i girotondini o i neorepubblichini dobbiamo chiederci dove veramente vogliamo andare. Abbiamo bisogno di una ricetta economica per i veri problemi del paese: lavoro, innovazione, tassazione e competitività. Siamo nell’era in cui la tecnica supera le ideologie, parafrasando il professore Severino. Lo Stato è una macchina complessa: per farlo funzionare ci vogliono persone competenti e oneste, ma soprattutto una visione economica che velocizzi il paese dormiente, superi le disuguaglianze e sostenga davvero famiglie e imprese. La battaglia è difficile, ma possiamo sperare di guarire.
Articolo tratto dal Corriere Salentino Magazine n.2 anno 2