
SALENTO – Non si ferma il dibattito sulle modalità di riapertura del Tribunale penale di Lecce fissata per l’11 maggio. Oggi pubblichiamamo l’intervento dell’avvocato Francesco Fasano, penalista di lungo corso. “Per chiarezza e senza alcuno spirito polemico. Come la maggior parte degli avvocati, sono convinto che lo studio del fatto e delle norme di diritto sostanziale e processuale siano doverosi. Personalmente ho impiegato anche un mese a preparare e redigere le liste testimoniali per un solo processo. Anche tre mesi per svolgere indagini difensive, da offrire al vaglio del giudice. Intere serate a confrontarmi con l’imputato per giungere a scegliere condivise strategie processuali. Il tempo impiegato per lo studio del processo è enorme.
Le carte processuali, quelle devono essere conosciute nella loro interezza, anche se riguardano “altri” imputati, ma nello stesso processo. La loro lettura deve essere ripetuta ad ogni udienza, in modo da non dimenticare, tralasciare nulla e da offrire un onesto contributo all’interpretazione del fatto ed alle valutazioni in diritto, utile per la decisione. Poi ci sono le udienze. A quelle non si può mancare, siano esse udienze filtro, siano istruttorie, siano quelle nelle quali si devono rappresentare le conclusioni e discutere il processo. All’udienza filtro non si può mancare perché, bisogna affrontare le questioni preliminari, anche di nullità di atti fondamentali; occorre rappresentare il proprio pensiero sulla costituzione delle parti, anche quelle civili; spesso, ci si confronta sull’ammissione dei mezzi istruttori ed è chiaro che la mancata ammissione di un prova testimoniale o documentale a discarico, può decidere il destino di un processo e, conseguentemente dell’imputato che si è affidato all’avvocato che non può, in un momento processuale così importante, essere latitante.
Nelle istruttorie, la presenza di un buono, onesto e preparato avvocato, può essere utile per far comprendere al giudice che non conosce il fatto se non attraverso l’imputazione, e non ha idea del contenuto delle carte, l’”altro” punto di vista; quello dell’imputato. Inoltre le domande possono essere utili per una corretta valutazione delle prove offerte dall’Accusa, sia pubblica, che privata. Questi sono i momenti in cui non mi piace e non dovrei mancare, perché sono quelli in cui si esercita il “mestiere” dell’avvocato.
Poi c’è l’altra faccia della medaglia. La parte meno nobile della professione che ci vede sostare per interminabili minuti (a volte molto più di minuti) davanti alla porta di un ufficio di cancelleria, di una segreteria, della stanza di un magistrato, per avere notizia di un’istanza, per chiedere copie di atti, per ritirarle, per depositare atti propri, per concordare un patteggiamento, per preannunciare una richiesta di abbreviato, per capire quale sarà l’organizzazione della giornata nella quale si sarà impegnasti in più processi, per sapere se una discussione si farà, o se qualche testimone (spesso operatori di P.G.) ha preannunciato la propria indisponibilità a comparire per rendere la sua dichiarazione ecc., ecc., ecc. ecc..
Tutto questo, nel più rigoroso rispetto delle indicazioni che di volta in volta ci vengono fornite tramite l’apposizione di un cartello, capace di repentine mutevolezze, del tipo “si prega di accedere in cancelleria uno alla volta”; il dottore riceve una volta a settimana dalle 09.00 – alle 10.00, previo appuntamento da concordarsi almeno una settimana prima; le istanze, le richieste e gli atti devono essere depositati personalmente dal difensore nominato; non si ricevono gli avvocati, ecc., ecc., ecc..
Quelle attività sono delegabili e, se possibile, volentieri e potendoselo permettere le si delega ai più giovani, alle segretarie, ai praticanti. Ma non è certo raro sorprendersi vedendo noti avvocati vicino ai sessanta (ma anche con molte più primavere sulle spalle), attendere davanti all’uscio di un pm anche 2 ore, prima d’essere ricevuto da un impegnatissimo Magistrato che nulla fa per nascondere il fastidio d’essersi visto interrompere nelle sue pubbliche quanto fondamentali funzioni lavorative.
Ebbene, si deve sapere che quella parte della professione, per l’avvocato, è la meno gratificante, la meno apprezzata e più volentieri evitata. Non ci piace perdere tempo in inutili e tediose attese, perché l’inutile attesa contrasta con il tentativo spesso mal riuscito, ma incolpevolmente mal riuscito, di pianificazione della nostra giornata lavorativa.
Se un Giudice della Repubblica ci convoca dalla periferia, promettendo che il processo sarà celebrato alle 11.00, avremmo grandissimo piacere che quell’orario fosse rispettato, in modo che dalle 06.00 alle 10.15 si possa lavorare a casa o in studio, e poi, raggiunta Lecce, si possa dibattere di penale per l’oretta che serve e poi tornare ad impegni e famiglia.
Purtroppo, lo sappiamo bene tutti, non sempre è così e spesso l’attesa della chiamata si prolunga per ore che vengono trascorse in piacevolissime, quanto inutili, chiacchierate con i colleghi o con gli addetti ai lavori, nelle loro brevissime pause lavorative. Non è colpa del giudice. Sono gli eventi, spesso imprevedibili, che comportano l’impossibilità del rispetto dell’appuntamento dato ad avvocati, parti e testimoni. Tuttavia, una più attenta valutazione degli impegni potrebbe lenire, attenuare il problema.
Quanto alla cancellerie. Ci si consenta d’inviare gli atti tramite PEC e nessuno disturberà il Cancelliere chiedendo un timbro attestante l’avvenuto deposito, dopo aver percorso 50 Km al solo fine di depositare una richiesta di permesso. Ci si consenta di chiedere le copie con lo stesso sistema e di pagare con bonifico, e nessuno si accalcherà nei corridoi in attesa del proprio turno. D’ordine del giudice, i signori cancellieri ci comunichino automaticamente e tempestivamente le decisioni sulle istanze e sulle richieste, con una semplice e mail, evitandosi così anche inutili e dispendiose notificazioni.
Ci si forniscano gli indirizzi E-mail o PEC per comunicare con PM e Magistrati e, perché no, ci sia consentito anche di interloquire telefonicamente (rispettosi delle modalità che si vorranno stabilire). Ci siano comunicati, per tempo, ritardi, esigenze di rinvio, variazioni d’orario, impedimenti di Magistrati, parti e testimoni, che impediscono la celebrazione dei processo. Così, certamente si potrà convivere col virus, impedendo continui andirivieni, assembramenti e ingolfamenti pericolosi per addetti, Magistrati ma anche per noi avvocati.
Quanto ai rinvii. Dopo l’11 maggio, si dica chiaramente che saranno rinviati (molto probabilmente fino a prescrizione!) i “processetti”. E che i Giudici dovranno assumersi la responsabilità, nella più completa ed assoluta latitanza di utili decisioni politiche, di amnistiare “di fatto” i reati più lievi e di minore allarme sociale. Intervenga, dunque il CSM a chiedere amnistia ed indulto, insieme ad avvocati e addetti.
Buon rientro.
Avv. Francesco Fasano