LECCE – La giustizia è ripartita seppur in affanno e con numeri più che dimezzati. E tra i processi in calendario ogni giorno non sono pochi i casi ad essere rinviati anche seduta stante spesso per difficoltà organizzative legate alla gestione delle videoconferenze a disposizione del Dap. Come accaduto questa mattina nel Palazzo di Giustizia di viale De Pietro dove erano fissati più processi tanto da sembrare una giornata pre-lockdown soprattutto nel piano terra. Tutto ha funzionato? Non proprio. Per problemi nei collegamenti il giudice per l’udienza preliminare Cinzia Vergine è stata costretta ad alzare bandiera bianca e a rinviare un’udienza preliminare avviata dopo un’inchiesta su una presunta organizzazione dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
E per l’occasione era anche arrivato un magistrato in servizio presso la Dna. Da un’aula all’altra. Dal piano terra, all’aula Cappuccilli, al quarto piano. Impegno e spostamenti inutili. Assembramenti inutili. La connessione da remoto non funzionava. In particolare con il carcere romano di Regina Coeli dove era collegato uno degli imputati detenuti. Altri collegamenti con alcuni avvocati in videoconferenza, invece, funzionavano a singhiozzo. Le postazioni per gli avvocati presenti scarseggiavano. E non è stato possibile neppure fare intervenire qualche tecnico per cause poco chiare. Così avvocati, imputati a piede libero, magistrati (era presente anche il pm della Dda di Lecce Carmen Ruggiero) hanno atteso che l’udienza potesse iniziare. Invano. Il giudice Cinzia Vergine, correttamente, ha dato atto che non vi fossero le garanzie e ha compilato un verbale di udienza prendendo atto dell’impossibilità a garantire un corretto contraddittorio tra le parti. L’udienza è stata aggiornata all’8 giugno. Tempi ristretti anche perché alcuni imputati sono detenuti. Rimane però lo sconforto tra gli avvocati del collegio difensivo rappresentato, tra gli altri, dagli avvocati Giuseppe Bonsegna, Giuseppe Milli, Alessandro Gueli, Gianvito Lillo, Sondra Pranzo e Daniela D’Amuri.
A margine una constatazione quasi scontata di chi rischia di vedere il bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto in questa fase di transizione. Il Governo ha puntato tanto sul processo da remoto salvo poi una sollevazione di molti avvocati che ne hanno ristretto l’utilizzo ma l’organizzazione non riesce ad assicurare il corretto funzionamento dei collegamenti allungando ancora di più i tempi della giustizia già compressa dall’emergenza Coronavirus.