Spesso scrivo del Salento, terra che amo. La mia terra. Quest’anno, dopo il lockdown, come tutti sappiamo, i ristoratori, i gestori di lidi, gli albergatori, gli operatori del turismo in genere, avevano una grande paura: non più quella del Covid-19, ma quella degli effetti che esso avrebbe avuto sulla stagione estiva oramai alle porte, quindi sull’economia locale, a forte vocazione turistica, oltre che agricola. Oggi ne parliamo con Daniele Vigna, operatore del settore turistico.
Ciao Daniele, eccoci qui a fare una chiacchierata. Vuoi spiegare ai nostri lettori di cosa ti occupi?
Ciao Flavio, io mi occupo di formazione da circa 3 anni, sia come tutor che come docente di materie scientifiche, e non solo, nei corsi dell’Agenzia Formativa Ulisse. Grazie ai suoi progetti e alla partnership con altre aziende, operiamo nel campo del turismo attraverso la gestione di masserie storiche e del comfort food che viaggia per il Salento e oltre, sui food truck “Cime di Rapa”, oggi sostenuti da un punto fisso di produzione e ristorazione sito a Lecce in via Oberdan.
Arrivo in questa azienda estremamente dinamica e innovativa dopo un’esperienza ultradecennale nel settore turistico-alberghiero, immobiliare e ricettivo, e continuo a collaborare tuttora con varie realtà del settore.
Com’è andata la stagione turistica in Salento, Daniele?
La collaborazione con queste aziende mi dà modo di “assaggiare” il turismo su più fronti e in più “salse”, tanto da poter ritenere questa annata molto, molto particolare.
In che senso?
L’effetto Covid si è fatto sentire, ma in “positivo”. Abbiamo avuto una stagione turistica che non si vedeva da tempo, con molte strutture ricettive che da luglio fino a settembre hanno lavorato a pieno ritmo riuscendo a superare le perdite registrate durante i mesi di bassa stagione praticamente annullata dal lockdown.
Mi stai dicendo che, paradossalmente, il Covid19 ha avuto effetti positivi sulla stagione turistica?
Certo. La maggior parte di queste strutture ha visto un ritorno poderoso della clientela italiana che ha preferito più la soluzione delle case vacanze, che quella dei grossi complessi turistici, villaggi, resort, anche perché alcuni, dati gli elevati costi di gestione, sono rimasti ai box, in attesa di tempi migliori.
Che tipo di turismo abbiamo avuto in estate Nel Salento?
L’offerta si è articolata per accogliere le famiglie italiane e anche i gruppi di giovani che non sono mancati, visto il via libera sui locali da ballo, molti dei quali, ahimè, non hanno però applicato correttamente le vigenti normative anti-Covid 19.
Ci sono state eccezioni?
Tra le eccezioni virtuose, il “Malè” di Santa Cesarea Terme, realtà di cui ho ricevuto un feedback estremamente positivo dagli ospiti di una mia struttura-vacanza sita proprio in questa bellissima località costiera.
Quindi una bella stagione turistica. Ci sono delle cose che si sarebbero potute migliorare?
Bella stagione, ma rimane l’amaro in bocca perché, nonostante si possa parlare di una buona estate turistica nel Salento, non si può, tuttavia, definire felice l’Estate Salentina delle tradizioni, dal momento che le sagre di paese e le feste Patronali, vietate per via del Covid19, sono mancate non solo ai turisti, ma anche e soprattutto ai Salentini…
Le sagre sono lo specchio dell’accoglienza salentina. Tradizione, ospitalità, divertimento, storia.
La nostra ospitalità in questi eventi ha preso forma e respiro; la ricerca del sapore, della tradizione di una cultura millenaria dovrebbe essere il faro del nostro modo di fare turismo, poiché è insito nel Genius Loci.
Uno dei ricordi più belli che ho della mia infanzia è l’atmosfera che c’era nella casa dei miei nonni materni: sulla soglia era impressa la scritta “SALVE”, e non si trattava di un tappetino da poter spostare in qualsiasi momento, ma di una parola scolpita nella pietra e rivolta a chiunque si fosse trovato a passare da quella strada o da quella porta. Quando questa veniva varcata, trovava u Nonnu Saiu (Cesario) seduto al tavolo da pranzo di quelli di una volta, di fòrmica e ferro, che per lui era un Regno. Chi si fosse presentato a casa, si sarebbe fatto accomodare, servito per primo con un bicchiere di vino e con i prodotti della terra rigorosamente creati dal lavoro incessante delle sue mani. Era impossibile non sedersi con lui perché in quegli occhi si leggeva chiaramente il piacere di averti accanto e di donarti qualsiasi pasto preparato da Nonna Giovannina.
Andavano in campagna insieme e lei, di ritorno, preparava spesso un numero infinito di buste de “foje mmiscate” (verdure selvatiche di vario genere) e di qualsiasi altra cosa commestibile che noi nipoti dovevamo smistare alle varie “cummari” dai nomi abbreviati, seguiti da un pedigree genealogico lungo chilometri. Ognuno di noi nipoti, e sicuramente ognuno dei lettori, ha vissuto questa atmosfera in cui accoglienza, dono e solidarietà erano lo stile di una vita pregna di questi valori e di sapori come la pesca col vino, ad esempio.
Secondo te ciò è rimasto nell’animo dei salentini?
Beh, questa dovrebbe essere la “mission” di ogni azienda turistica salentina, e la strana stagione turistica appena passata ce l’ha fatto capire. È stato come varcare quella soglia e non trovare la tavola imbandita, né il mormorio delle chiacchiere degli anziani o il suono delle rami e della pelle del tamburello. È stato come non trovare quello sguardo sincero, pieno di magia e di rispetto incondizionato nei riguardi dell’OSPITE.
La cosa bella del mio lavoro in Ulisse è che alcuni dei miei studenti provenienti da paesi lontanissimi hanno messo un notevole impegno e superato tantissime difficoltà per riuscire a sfornare piatti della tradizione Salentina, e nello sguardo di Aziz, quando puntualmente mi chiede di assaggiare un nuovo tipo di puccia o una nuova ricetta, ritrovo la stessa intensità e la stessa cura delle nostre madri, nonne, zie che, se non fai onore alla loro tavola ripulendola anche delle briciole, rimangono male: è la loro, la nostra maniera di dirti “sono felice che tu sia qui”.
Cosa manca oggi nell’accoglienza salentina?
Nella nostra accoglienza turistica, nel nostro modo di ricevere l’OSPITE, proprio questo non dovrebbe assolutamente mancare, perché questo siamo “NOI” e questo è contagioso come per Aziz, come per chiunque altro, turista o viaggiatore che venga da poco o da molto lontano; e questo accade respirando la storia del nostro popolo, masticando la forza e la bellezza della nostra terra.
Sono d’accordo con te Daniele. Noi siamo questo e questo dobbiamo rimanere se vogliamo continuare a crescere. Ad ogni modo i numeri ci danno ragione.
Ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato. Vuoi dire qualcosa in chiusura?
Permettimi, caro Flavio, a tal proposito, di ricordare un carissimo amico, Alex Rizzo (Papela), che è andato a surfare sulle onde del cielo del Salento e la cui personalità, visionaria sognatrice e dinamica, rispecchiava ogni angolo di questa nostra Terra di natura, di storia e di energia, e che di questo mio pensiero, a suo modo, è stato un grande interprete. A tutti noi manca tantissimo…
Grazie Daniele.
Grazie a te Flavio.
Flavio Carlino