La Puglia è tornata arancione, ma i proprietari dei centri sportivi sono diventati rosso paonazzo per la rabbia. La delusione e l’ira dilagano tra i titolari delle palestre e delle piscine salentine. Le saracinesche delle attività sportive resteranno abbassate almeno sino al 5 marzo. Il nuovo Decreto varato dal governo ha seminato lo sconforto tra i gestori di un settore vessato dalle restrizioni stringenti causate dalla pandemia da Coronavirus. Ad eccezione dei soli agonisti in preparazione per competizioni di preminente interesse nazionale, il popolo sportivo resterà abbarbicato tra le mura domestiche a farne di necessità virtù, ancora tra esercizi a corpo libero, attrezzature personali e soluzioni di fortuna.
Il comparto del fitness e del nuoto resta in ginocchio, quindi. E la delusione è tutta nelle parole dimesse di Francesco Marenaci, titolare delle palestre 5&70 a Lecce e Metrò a Lequile. “È un settore il nostro che sta pagando un prezzo molto alto. Arrabbiarsi ormai è inutile perché c’è in atto una pandemia che sta mietendo tante vittime. Speriamo che ci siano i giusti ristori per tamponare l’emorragia.
Stiamo continuando a impartire lezioni online per prestare un servizio alla comunità. Purtroppo le spese da sostenere sono pesanti e la situazione è molto deprimente. Non saprei cos’altro dire perché sono giù di morale – prosegue -. Il governo dovrebbe pensare alle detrazioni fiscali e ai bonus per chi si iscriverà in palestra”.
Anche Antonio Santoro della Lion Gym di Lizzanello ha espresso tutto il suo dissenso sul nuovo Dpcm: “Sono sconcertato. Nonostante le palestre sono state chiuse per tutto questo tempo, la situazione relativa ai contagi è rimasta la stessa.
Tutto questo dimostra come le palestre non siano un luogo di contagio come erroneamente si credeva. E invece ci toccherà restare chiusi per altri due mesi con altre spese da sobbarcarci. È inammissibile. Lo sport è vita, non è morte”.
Le lamentele sono tante e si estendono all’unisono dai titolari delle palestre a quelli delle piscine. “Siamo in una situazione imbarazzante – spiega Marco Macchitella, presidente della Icos Sporting Club di Lecce – I costi continuano ad essere sostenuti interamente dall’azienda.
Il governo dovrebbe valutare la mancata fatturazione della singola azienda ed intervenire in maniera differente. Il ristoro di un mese è zero. Bisognerebbe fare una valutazione annuale. Nonostante i controlli dei Nas a fine estate non c’è stato nulla da fare, siamo rimasti chiusi e continuano a pagare le conseguenze senza avere colpe”.
C’è invece chi già paventata l’ennesimo prolungamento della chiusura come Andrea Mininanni, istruttore della Planet Gym di Lecce. “Era già nell’aria purtroppo, ma continua ad esserci profonda delusione e rabbia. Ci sentiamo fortemente penalizzati. Credo che almeno avremmo potuto riaprire lavorando con le prenotazioni e allenando i clienti singolarmente seguendo un protocollo di sicurezza, ma non sara così.
Per gestire attività del genere, il ristoro una tantum non copre quasi nulla delle spese. C’è tanta amarezza e profondo scoramento”. Una stretta diventata una morsa che rischia di soffocare il mondo dello sport. Ed in particolare quello dei centri sportivi, che da sempre incarnano l’essenza della socialità e del benessere.
Anche AlmaSport di Lecce si trova nelle acque torbide dei divieti e delle pesanti limitazioni: “Da direttore tecnico della palestra mi sento di dire basta a questa agonia – spiega Mirko Gaetani -. Il governo sta portando i nostri clienti fidelizzati all’esasperazione, i nostri collaboratori a dover abbandonare le proprie passioni dopo anni di sacrificio e studio, e i nostri titolari al fallimento dopo aver investito i propri risparmi di una vita.
È arrivato il momento di riaprire rinforzando magari i controlli dimostrando che il Covid non predilige le palestre. Ci tengo a precisare che Lo sport non è un business ma un benessere psico fisico”.