SALVE (LECCE) – Un curioso caso di discriminazione di genere, ma questa volta contro partecipanti, di sesso maschile, a un bando pubblico. È accaduto qui nel Salento, dove per la prima volta in Italia, i giudici amministrativi hanno deciso su tale argomento, ritenendo illegittimo il bando che, per avvantaggiare il lavoro rosa, di fatto discriminava gli uomini.
Con sentenza n. 935 del 17.6.2021 la III Sezione del TAR Lecce, Pres. Enrico d’Arpe, Est. Anna Abbate, ha accolto il ricorso proposto da un imprenditore locale, difeso dagli Avv.ti Francesco G. Romano, Leonardo Maruotti e Salvatore Ponzo, volto all’annullamento del provvedimento di assegnazione delle concessioni per il commercio su aree pubbliche del Comune di Salve.
In particolare, l’impresa aveva presentato la domanda di partecipazione alla gara per l’assegnazione del posteggio per la stagione estiva 2020 ma era stata superata nella graduatoria da altro concorrente, che aveva ottenuto un punto in più (quello decisivo) in quanto impresa femminile.
Il Tar Lecce – aderendo alle tesi degli Avvocati Francesco G. Romano, Leonardo Maruotti e Salvatore Ponzo – ha stabilito che “ la contestata disposizione dell’Avviso pubblico in questione – seppure iscrivibile (in tesi di parte resistente) nell’alveo delle misure di sostegno alla imprenditoria femminile, adottate (con il meritorio obiettivo – si intuisce – di promuovere le pari opportunità in un settore evidentemente caratterizzato da un tasso di disparità uomo-donna) in esplicazione di una potestas dell’Amministrazione concedente connotata da ampi margini di discrezionalità – non può superare il vaglio di legittimità di questo Giudice, in quanto ridonda in una previsione oggettivamente discriminatoria per il sesso maschile, ossia in una sorta di discriminazione a contrario, in violazione dei principi di non discriminazione e di parità di trattamento tra donne e uomini, sanciti dalle plurime disposizioni sovranazionali, costituzionali e legislative sopra richiamate, oltreché dei principi, di derivazione comunitaria, di concorrenza, parità di trattamento e non discriminazione fra operatori economici, che si impongono in una procedura comparativa (in presenza di assegnazione di un bene pubblico, suscettibile di sfruttamento economico), alterando la parità di trattamento tra i partecipanti.
Secondo il Giudice salentino “la disposizione dell’Avviso pubblico che ha previsto l’assegnazione “tout court” di un ulteriore punto per l’impresa femminile è illegittima, insieme agli impugnati atti comunali consequenziali, poiché viola il divieto, normativamente imposto (in primo luogo a livello costituzionale), di ogni discriminazione sulla base del sesso, oltreché la regola iuris della parità di trattamento tra i partecipanti di un confronto concorrenziale”.
In sostanza, quindi, seppur il Comune fosse mosso da meritorie intenzioni, la previsione del bando che assegna un punto alle imprese femminili ha finito per essere discriminatoria al contrario in quanto ha violato il principio della parità di trattamento (anche tra sessi) che è posto alla base di ogni procedura concorsuale.
In definitiva, è ovviamente sempre ben consentito, anzi doveroso, e meritorio introdurre dei meccanismi di tutela e di favore per l’imprenditoria femminile e favorire le pari opportunità in un settore evidentemente caratterizzato da un tasso di disparità uomo-donna, ma non è legittimo, in una procedura di gara, l’attribuzione di un punteggio ulteriore solo perché l’impresa è femminile.
Va ribadito che il Tar Lecce ha deciso sulla base di principi derivanti dal Trattato sull‘Unione Europea, dalla Carta di Nizza e dalla nostra stessa Costituzione.
Come affermano gli avvocati Francesco G. Romano, Leonardo Maruotti e Salvatore Ponzo, la sentenza del Tar Lecce assume rilievo assolutamente dirimente nel panorama nazionale poiché costituisce un referente fondamentale per tutte le Amministrazioni Pubbliche, siano essi Comuni, Regioni, Ministeri, Province, le quali – nell’assolutamente meritoria e doverosa esigenza di valorizzare l’imprenditoria femminile – avranno a disposizione un numeroso ventaglio di possibilità (quali agevolazioni, riservare al sesso meno rappresentato un minimo di posti, finanziamenti) ma non potranno incidere su una procedura di gara, retta dal principio della parità tra i concorrenti, prevedendo un punteggio maggiore per il solo fatto di essere di sesso femminile.