GALLIPOLI – Gli ospedali vanno verso la normalizzazione, anche se la guerra contro il COVID-19 non è ancora vinta. Siamo andati nell’ospedale “Sacro Cuore di Gesù” di Gallipoli, dove c’è una tecnologia all’avanguardia in campo chirurgico, utilizzata soprattutto per gli interventi all’intestino, per intervistare il presidente dell’Ordine dei Medici e primario di Chirurgia, Donato De Giorgi, che però ci spiega che c’è stato un passo indietro su liste d’attesa, prevenzione e personale. La strada della normalizzazione è lunga e difficile. Tra le note positive, i progressi tecnologici di Chirurgia a Gallipoli.
Non ci siamo ancora lasciati alle spalle il periodo, ma i dati ci dicono che possiamo “normalizzare” gli ospedali. Presidente, ce la faremo a recuperare le liste d’attesa, il tempo perduto per la prevenzione e a tornare alla normalità al più presto?
“Sicuramente le cose sono cambiate in maniera peggiorativa e la pandemia non ce la siamo ancora lasciata alle spalle. Il ritorno alla normalità è legato a tante situazioni che abbiamo lasciato in sospeso: siamo partiti nel 2019 con grossi ritardi nelle liste d’attesa. La prevenzione, con lo screening al colon retto, stava cominciando a muovere i primi passi, finché il covid non si è abbattuto come un’ascia sulla prevenzione”.
Uno stop sulla prevenzione che rischiamo di pagare a caro prezzo…
“Siamo tornati indietro e recuperare in breve tempo non è facile. Tuttavia c’è una grande disponibilità da parte del personale. Comunque c’è da dire che ci sono ospedali dove sono stati fatti passi avanti molto importanti. Ad esempio, a Gallipoli, con la chirurgia del colon retto: abbiamo una tecnologia all’avanguardia e una squadra di esperti che può assicurare ottime performance. C’è la voglia di migliorare, nonostante le carenze strutturali, che già esistevano e che con il COVID sono diventate più marcate”.
Chirurgia a Gallipoli è andata avanti anche nei tempi più bui…
“Abbiamo cercato di non fermarci mai. Ma la gente ha avuto paura di venire in ospedale a causa del COVID, quindi ci siamo trovati di fronte a neoplasie in stato avanzato e altri problemi che prima non venivano trascurati in questo modo”.
Sul piano delle tecnologie sono stati fatti dei passi avanti a Gallipoli, vero?
“Grazie all’attenzione dei nostri dirigenti siamo riusciti ad acquisire delle tecnologie all’avanguardia. A Gallipoli usiamo la tecnologia 3D, una metodologia tridimensionale per avere un contatto diretto con il campo chirurgico e dei monitor all’avanguardia per individuare piccolissime lesioni e piccoli linfonodi da rimuovere. Inoltre, ci avvaliamo della tecnologia del verde indocianina, che permette di colorare di verde fluorescente il circolo sanguigno del paziente fin nei vasi più piccoli, in modo da poter controllare l’ottimale vascolarizzazione dei segmenti di intestino da suturare durante gli interventi per tumori del colon retto e di evidenziare tutte le ghiandole linfatiche da asportare mediante l’esportazione per una migliore radicalità oncologica. Questa metodologia, che era già nota, viene applicata in campi diversi con enorme successo. Una telecamera speciale vede ciò che l’occhio umano non potrebbe vedere, grazie a questa tecnica. Appena viene somministrata la sostanza dall’anestesista i vasi cominciano a colorarsi di verde. Questo ci consente di vedere se ci sono rischi di peritonite. Con questo sistema noi possiamo verificare la vascolarizzazione dei monconi, nel caso del colon e capire se la superficie è ben irrorata. Tra l’altro ci avvaliamo della colonscopia intraoperatoria, che ci consente di fare una prova idropneumatica e di evidenziare eventuali problemi controllando la corretta resezione dell’intestino. Con queste nuove macchine e con questa tecnologia vediamo piccolissime lesioni che altrimenti non vedremmo”.
Queste metodiche hanno fatto avanzare la chirurgia gallipolina
“L’hanno resa più veloce e sicura. Le metodiche sono degli aiuti, la differenza la fanno capacità organizzativa e la voglia di lavorare in termini di massima efficienza e di massima efficacia. La possibilità di dare una risposta corretta determina la qualità della medicina, soprattutto la sicurezza nelle procedure chirurgiche”.
Bisogna fare di più sul piano del personale, che ancora non è un numero sufficiente?
“Lei ha colto nel segno. Quello del personale è uno dei problemi più urgenti. Noi abbiamo parlato di tecnologia, che però è secondario al personale. Non basta avere 50 posti letto, ci vogliono operatori esperti. Il nostro personale è sempre al limite, rischiamo di ritrovarci spesso con pochi medici, pochi infermieri, pochi oss e pochi tecnici. La pandemia ci ha insegnato che le risorse umane sono l’aspetto più importante. In provincia per la chirurgia si dovrebbe fare di più, servirebbe più personale”.