Il 19 marzo è la giornata deputata alla festa del papà. Quest’anno nella stessa data cade la IV domenica di quaresima, pertanto la Chiesa ha migrato la solennità liturgica di san Giuseppe al giorno successivo, il 20 marzo. In occasione di questa importante festa religiosa, e non solo, abbiamo rivolto alcune domande a frate Angelo De Padova -Cappellano del carcere di Borgo san Nicola di Lecce- sulla paternità e sui padri di oggi.
Frate Angelo, la solennità di s. Giuseppe ci invita a riflettere sulla paternità. Qual è la figura del papà nel contesto antropologico attuale?
«Rispetto ad alcuni decenni fa, oggi abbiamo una figura paterna non più messa in ombra da quella materna a cui era demandato tutto il cammino del figlio. Non più un padre autoritario che con i suoi “no” ed il solo suo sguardo faceva rispettare le regole della casa, e della società, senza se e senza ma. Si obbediva e basta! Oggi abbiamo la figura di un padre evolutivo, che ama confrontarsi con la madre dei suoi figli ed insieme li educano con attenzione e senza scaricare solo su una parte tutto ciò che concerne il loro processo di crescita. Il ruolo del papà è quello di dare protezione, infondere sicurezza e fiducia, saper dire ai figli: ‘io ti stimo per quello che sei, apprezzo quello che fai, tifo per te anche nei tuoi fallimenti, per me sei sempre importante”. I papà sono molto più presenti nella vita della famiglia e, con la loro capacità di dialogo e disponibilità, infondono un clima sereno intorno a sé. Ogni figlio ha delle aspettative nei confronti del proprio padre, si aspetta soprattutto amore, ascolto, trasmissione di valori e specialmente la sua presenza fisica ed affettiva. San Giuseppe è il padre che nel silenzio ha saputo custodire la sua famiglia».
La lettera apostolica di papa Francesco su San Giuseppe, del 2020, si conclude con una bella preghiera. Un verso recita: “con te Cristo diventò uomo”. Come si può diventare uomini di pace sull’esempio del padre putativo di Gesù?
«San Giuseppe ci insegna ad essere disponibili verso gli altri mettendo da parte le proprie ragioni e la propria visione della vita per il bene degli altri, di quanti il Signore ci ha donato. La vera pace non è quando io sto bene ed in pace con me stesso e gli altri, ma quando con la mia vita creo pace intorno a me, creo nella persona che incontro un senso di serenità e di sicurezza. Ognuno di noi può essere strumento di pace, soprattutto guardando il positivo che c’è in ogni fratello e non fermandoci su ciò che sembra essere negativo».
Il tuo pensiero augurale per i papà che leggono il Corriere Salentino.it e un pensiero per i papà che ci guardano dal cielo.
«Operando tra i fratelli e le sorelle che vivono nella Casa Circondariale di Borgo San Nicola, sento la tristezza di alcuni che chiedono di poter incontrare il proprio padre. Hanno bisogno del loro perdono, dell’abbraccio. Ci sono ragazzi che da anni non incontrano il papà, perché questi non riesce a perdonare i reati commessi dal filgio. In molti detenuti, l’assenza del padre nella loro vita di figli ha provocato una grave mancanza e ha lasciato numerose ferite; penso che se i loro padri fossero stati fisicamente ed emotivamente più presenti, nella vita dei figli, avremmo avuto meno detenuti. Un pensiero augurale a tutti i papà è quello di non mostrarsi infallibili, ma saper essere uomini che sanno trovare soluzioni ai vari problemi della vita; a saper spendere molto più tempo con i figli, a rendere almeno la cena un momento importante di incontro con tutta la famiglia e saper dialogare ed ascoltare. Ai papà che sono in cielo? Grazie per tutto quello che avete fatto per noi figli, per i vostri sacrifici per la nostra crescita, per le vostre rinunce, perché noi potessimo studiare e sistemarci nella vita, per averci dimostrato che con il sacrificio e l’amore si possono superare le tempeste della vita».