LECCE – “Tarzan” per tutti, per la sua chioma fluente sul collo e pittore stravagante, condusse una vita dissoluta a causa dell’alcol e delle donne.
Indossava slippini alla francese, scandalosissimi per quel periodo e sia d’estate che d’inverno si accingeva alla scarpinata quotidiana per raggiungere il suo lido preferito: quello di San Cataldo, nei pressi di Lecce, sempre abbronzatissimo e con un fisico asciutto ed invidiato da molti, solitamente frequentava località marine per potersi abbronzare integralmente, in versione adamitica ed in piacevole compagnia femminile, catturando lontano da sguardi indiscreti l’ispirazione per i suoi quadri.
Anche in città, sul suo terrazzino, era solito vagare nudo e mangiare banane, la sua frutta preferita.
I suoi primi quadri, nudi di bagnanti, in breve tempo furono molto apprezzati in tutta Italia dai critici d’arte e si racconta che per il suo straordinario talento nel dipingere, sia stato ospite di alcuni galleristi, soggiornando gratis per un mese in Francia per realizzare ed esporre le proprie opere. Egli, in preda al divertimento, non pensava assolutamente a colorare tele; sempre con donne avvenenti ed incurante delle continue insistenze degli impresari, che intanto affrontavano costose spese per il suo soggiorno, si diede per un po’ di tempo alla bella vita.
All’ultimo momento, quando rischiò di essere rimandato in Italia, iniziò e completò l’ultimo quadro, un vero e proprio capolavoro di colore ed inventiva. Si esprimeva correttamente, fu rinchiuso in istituti di cura per alcolizzati ed alcune sue opere, ormai completamente decadute, provocanti all’inverosimile, spesso di suo recano solo la firma ed un gran numero di persone si sono arricchite organizzandogli delle mostre in varie località italiane, ricompensandolo con pochi soldi, lui che per una bottiglia di vino poteva dipingere ovunque ci fosse spazio libero, “per esprimersi”.
Era facile incontrarlo in città, nei pressi del Bar Raphael e dintorni mentre ripeteva la stessa frase velocemente ma comprensibilmente: “Ciao, come stai, mi offri un caffè? Dai offrimi un caffè, mi offri questo caffè? Dai, prendiamoci un caffè, te lo posso offrire io? Dai te lo offro io, andiamo, prendiamoci un caffè” e personalmente quel suo modo di essere sempre e comunque sopra le righe, m’incuteva un senso di disagio sia che fossi da sola od in compagnia di amici.
Tratto da Lecce Sparita – coordinamento editoriale Pompea Vergaro