SALENTO – In carcere nonostante un provvedimento di scarcerazione. Ai domiciliari, con braccialetto. Il dispositivo, però, non si trova e l’imputato continua a rimanere dietro le sbarre da una decina di giorni. La vicenda, simile a tante altre, coinvolge Lichko Samuilov, un 25enne di nazionalità bulgara coinvolto in un’inchiesta che ha fatto luce su un presunto giro di sfruttamento della prostituzione dal paese dell’Est in Italia. Detenuto da marzo del 2024, il giovane è stato scarcerato dalla Corte d’assiste di Lecce davanti alla quale è in corso di svolgimento il processo. Le esigenze cautelari, infatti, sono state ritenute affievolite ma il braccialetto che consente di monitorare i movimenti del giovane non si trova.
“Il fornitore Fastweb ha comunicato che per il mese corrente sia stato già superato il limite massimo di attivazioni previsto dalla convenzione firmata e occorrerà attendere il primo agosto per inoltrare una nuova richiesta di disponibilità – spiegano gli avvocati dell’uomo, i legali Luca Puce, Federica Cafaro e Davide Micaletto – assistiamo impotenti a un inaccettabile paradosso perché a fronte di un intervento della magistratura che, rilevando il mutato quadro cautelare, ha riconosciuto una qualche dignità al percorso giudiziario del nostro assistito, questi, suo malgrado, è ancora ristretto in carcere, in forza di evidenti lungaggini burocratiche e falle organizzative. E’ un vulnus allo Stato di diritto, su cui non si può tacere” ha affermato l’avvocato Puce.
A fare da eco alle sue parole, la collega Cafaro: “Il sistema di esecuzione delle misure cautelari, tecnicamente avanzate come il braccialetto elettronico, dovrebbe rappresentare il simbolo di una giustizia moderna ed efficiente. Viceversa, ancora una volta, la realtà amministrativa rischia di svuotare di significato le decisioni giudiziarie, con gravi ripercussioni sulla vita stessa delle persone. Lichko è in carcere da oltre sedici mesi e non si sa per quanto ancora ci rimarrà, e diventa sempre più difficile doverglielo spiegare”.
Conclude l’avvocato Micaletto: “L’impasse è palmare: è necessario che l’Ordinamento si doti di strumenti adeguati al compito che la comunità sociale gli affida. Non è accettabile che un provvedimento di scarcerazione immediata, seppure condizionato all’applicazione di un sistema di controllo elettronico a distanza sulla persona del ristretto, resti sospeso, oramai da giorni e giorni e non si sa bene per quanti altri ancora, per inaccettabili ragioni, meramente burocratiche. Occorre una riflessione urgente e una riorganizzazione che ponga fine a simili episodi, che, per la verità, negli ultimi tempi, si stanno verificando sempre più spesso e che, come conseguenza ultima, altro non fanno che minare, sin dalle radici, la fiducia dei cittadini nelle istituzioni”.