GALLIPOLI (Lecce) – Ergastolo per il presunto mandante e 28 anni di reclusione per l’assassino reo confesso. Sono queste le richieste di condanna vibrate dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone nei confronti di Marcello Padovano, alias “brioche”, 55enne di Gallipoli e Nicola Greco, 47, di Lecce, il primo nel ruolo di organizzatore, il secondo nelle vesti di esecutore materiale dell’omicidio di Carmine Greco. per l’assassino il procuratore ha riconosciuto le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti della premeditazione, dei motivi abietti e delle modalità mafiose. da qui una richiesta che non è quella del carcere a vita. Il giovane gallipolino venne ucciso il 10 agosto del 1990 a Gallipoli davanti alla figlia e alla moglie.
Nella lunga e circostanziata requisitoria, la pubblica accusa ha citato l’attendibilità delle dichiarazioni fornite da Giuseppe Barba suffragate dalle testimonianze di Pompeo Rosario Padovano (altro presunto mandante) che hanno alzato il velo sulle dinamiche e le modalità dell’omicidio. E poi ci sono le deposizioni di Carmelo Mendolia che ha precisato agli inquirenti come l’omicidio di Greco fosse stato deciso perché il giovane era diventato ormai un personaggio scomodo per il clan. Sono stati eseguiti alcuni sopralluoghi per sondare il terreno, capire il momento in cui agire per poi affondare l’agguato decisivo messo a segno, secondo l’accusa, da Mendolia e Padovano. Una tesi confermata questa mattina in aula in videoconferenza dallo stesso Rosario Padovano, cugino di Marcello. Il presunto boss gallipolino ha ribadito che l’omicidio sarebbe stato messo a segno proprio dagli odierni imputati ascoltato in videoconferenza.
Nel corso del processo sono state allegate agli atti del processo le dichiarazioni rilasciate in aula dall’omicida reo confesso che, nel corso della precedente udienza, aveva ammesso il suo coinvolgimento nell’omicidio liberandosi di un peso che aveva sconvolto la sua vita per 26 lunghi anni così come raccontato in aula. E i giudici della Corte d’assise (Presidente Pasquale Sansonetti) hanno anche raccolto le dichiarazioni di Giuseppe Barba che ha rischiato di veder mutare la propria posizione di teste in imputato. Il dichiarante gallipolino ha infatti dichiarato di aver custodito l’arma utilizzata per compere l’omicidio salvo poi ritrattare quella stessa versione che giocoforza lo aveva messo in una posizione piuttosto scomoda.
Subito dopo la requisitoria hanno discusso gli avvocati Ladislao Massari (per Greco) e l’avvocato Silvio Giardiniero per l’allora convivente della vittima. Il 6 luglio, invece, sarà la volta degli avvocati Mario Coppola e Gabriele Valentini (in foto). Subito dopo i giudici si chiuderanno in camera di consiglio.
Il giovane Greco venne ucciso nei pressi di un uliveto di via Scalelle alla periferia della città bella davanti alla moglie e al figlio. Il Tribunale della mala sentenziò la sua morte perchè il 27enne voleva vendere droga in proprio. Uno sgarro che, a quei tempi, si pagava a caro prezzo. Greco, infatti, finì nel libro nero del clan che, all’epoca, quando non era il guanto di velluto sapeva usare magnificamente il pugno di ferro proprio come quel giorno di piena estate.
F.Oli.