LECCE – L’indagine sulla “Kill list” diffusa ai lupi solitari, contenente anche il nominativo di un docente dell’Università del Salento, continua a muovere i suoi passi: la “lista della morte”, infatti, è stata rimossa dal web.
Prosegue dunque l’indagine partita proprio da Lecce, dopo la rivelazione di CorriereSalentino (uscita in contemporanea su un altro giornale locale, ndr) riuscito a “pescare” nel mare magnum di Internet il file contenente i nomi di alcuni dei possibili obiettivi dei jihadisti.
Nei giorni scorsi, come detto, è stato fatto sparire quel file Excel, ricaricato online da un utente indiano in concomitanza all’appello lanciato via Telegram ai seguaci del Califfato, esortati ad <<uccidere immediatamente e nella maniera più efferata>> oltre 4.500 persone sparse in tutto il mondo.
Il professore universitario, intanto, è stato ascoltato dal Reparto anti eversione e antiterrorismo del Ros dell’Arma dei carabinieri di Lecce. Ai militari il docente non è riuscito a spiegare il motivo per cui l’Isis potesse avercela con lui, confermando lo stupore per essere stato inserito nella blacklist delle 4.681 persone da eliminare <<ovunque si trovino>>. L’unico collegamento sembra essere il fatto che l’uomo, sia pure all’inizio della propria carriera, abbia lavorato per aziende legate agli Stati Uniti d’America.
I fatti – come ormai noto – riguardano la “Kill list” che il gruppo hacker pro-Isis dello “United Cyber Caliphate”, attraverso il proprio canale di Telegram (applicazione di messaggistica criptata, ndr), ha diffuso ai “lupi solitari” per incitarli alla violenza. Una lista che, come sostenuto dagli esperti informatici della “Vocativ” (società americana di media e tecnologia, specializzata in attività che riguardano il cosiddetto “lato oscuro del web”), sarebbe stata riciclata da un vecchio file Excel, online già dal 1999 e misteriosamente ricomparso nella Rete lo scorso 22 giugno, per opera di un cittadino indiano del distretto di Pune
Oltre a quello del docente leccese, nell’elenco delle persone da eliminare diffusa agli estremisti del Califfato, figurano i nomi di altri 28 italiani sparsi tra le città di Roma, Milano, Padova, Torino, Bologna, Benevento, Asti, Lucca, Sesto San Giovanni (Milano), Cassina de’ Pecchi (Milano), Frascati (Roma) e Berbenno di Valtellina (Sondrio).
Il caso della blacklist “riciclata”, dal capoluogo salentino (dove il prefetto Claudio Palomba ha convocato un vertice ad hoc tra magistrati e forze dell’ordine per valutare il da farsi) si è presto esteso anche alle altre regioni italiane interessate, finendo per confluire in un unico fascicolo d’inchiesta nazionale, affidato alla Procura antiterrorismo di Roma.
Sulla delicata ed inquietante vicenda, che ha inevitabilmente creato turbamento sull’intero territorio nazionale e non solo a Lecce, vige un cauto riserbo. Sebbene l’attualità della minaccia, risalente all’inizio dell’estate, sembri offuscata dal fatto che sia stato utilizzato un elenco già esistente da anni, la stessa non può essere certamente sottovalutata. E qualora dovesse sciaguratamente risultare concreta, per la prima volta nella lotta ai terroristi, gli eventuali potenziali obiettivi si conoscerebbero già in anticipo.
Claudio Tadicini