È una storia incredibile e merita di essere raccontata, non perché è capitata a chi scrive quest’articolo, ma per dare il giusto riconoscimento ad un gruppo di persone che volontariamente si prodiga alla ricerca di oggetti smarriti e molto spesso trova anche un amico, un abbraccio, quello di chi ne rientra in possesso. È l’esercito del “metal detecting” , un gruppo di volontari che si dedica alla ricerca di oggetti in metallo dispersi in ogni dove: spiaggia, mare, giardini e terreni.
Tutto ha inizio ieri pomeriggio, quando decido di chiudere la stagione estiva con l’ultimo bagno, litorale ionico perché da buon salentino consulto la mappa dei venti prima di recarmi al mare. Nel corso dell’unico bagno della giornata, ahimè, perdo la fede. Appena due mesi di matrimonio, un record, proprio non si può. Pertanto, armato di maschera e pinne la cerco nel luogo esatto in cui mi era caduta, ma dopo due ore di spasmodica perlustrazione e il supporto “condizionato” di molti bagnanti solidali, interrompo le ricerche, era quasi buio. I miei polpastrelli ormai avevano perso la sensibilità. Seppur affranto per l’accaduto, non mi sono dato per vinto. Così navigando tra le mille risorse e informazioni della rete, alla ricerca di una speranza, mi sono imbattuto in un’associazione, la SOS Metal Detector Nazionale, ODV. Una realtà del tutto sconosciuta al sottoscritto, unico appiglio per un’impresa improbabile, una mission impossible: ritrovare il mio anello. Decido di chiamare il presidente, Luciano Diletti, un poliziotto in pensione abruzzese che da qualche anno la rappresenta dignitosamente.
Un garbo e un’educazione d’altri tempi. Dopo aver fatto diverse telefonate, mi ha fornito i contatti di alcuni associati salentini. La fioca speranza, l’illusione, si trasformava in debole ma fiduciosa aspettativa. Avevo un nome, una possibilità: Giuseppe. Un giovane ingegnere di Ugento appassionato di ricerche marine, provvisto di metal detector subacqueo. Ci sentiamo e con lucida incoscienza ci diamo appuntamento per le 23:00, a Porto Cesareo, nella spiaggia del misfatto.
Indossiamo entrambi una muta, lui impugna lo strumento magico nella mano destra, nell’altra una torcia, maschera e boccaglio. Poco dopo, con un mare che si faceva grosso per il vento da Sud, eravamo in acqua, a 50 mt dalla costa a cercare la mia fede. Il buio della notte, il fondale mosso dalle onde rendeva difficilissime le operazioni, visibilità ridotta al minimo. Ma dopo un’ora e mezzo di monetine, linguette di lattine e falsi allarmi da catene per boe di stabilimenti balneari, Giuseppe riemerge, fiducioso e con un suono in cuffia che aveva le note dell’oro. Mi chiama e mi chiede il nome di mia Moglie, la data del nostro matrimonio. “Alice”, rispondo. Con la serenità di chi ha creduto da subito quell’impresa titanica, mi dice: “tieni, è il tuo anello”.
Se non fosse capitata a me quest’avventura inverosimile non ci avrei mai creduto, non avrei scoperto questa straordinaria realtà. Uomini in grado di compiere piccoli miracoli, quotidianamente e senza alcun compenso, testimonial di speranza e di emozioni forti.
Abbracci, sorrisi e lacrime, la pagina facebook dell’associazione è la conferma di quello che dico. Oggetti preziosi o dall’ enorme valore affettivo, vengono ritrovati e consegnati ai legittimi proprietari che ne avevano segnalato lo smarrimento anche diversi anni prima.
Angeli silenziosi e discreti che investono risorse e tempo per una passione che è bene sottolinearlo non è la stessa di molti “hobbysti sciacalli” animati da altri interessi, sicuramente meno nobili rispetto a quelli di Giuseppe, Luciano e gli altri angeli del detector, donatori di sorrisi ed emozioni indimenticabili.