SAN PIETRO IN LAMA (Lecce) – Dopo due rigetti (prima del gip e poi del Tribunale del Riesame) la Corte di Cassazione annulla con rinvio l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico di Carmen Genovasi, la responsabile dell’Ufficio Protesi dell’Asl di Lecce nel frattempo sospesa in via cautelativa, accusata di aver intascato mazzette in cambio di prescrizioni e finita in manette l’11 giugno scorso. I giudici della Suprema Corte hanno così accolto il ricorso del collegio difensivo (avvocati Stefano De Francesco, Ladislao Massari e Simona Ciardo) che aveva evidenziato la mancanza di due elementi vincolanti per tenere ancora efficace una misura cautelare: il venir meno del rischio di inquinamento probatorio e della possibilità dell’indagata di poter reiterare il reato. Ora sarà nuovamente un collegio del Riesame ad esprimersi se e quale misura si debba applicare alla Genovasi che rimane sempre dietro le sbarre.
La donna, 46enne originaria di San Pietro in Lama, finì in manette l’11 giugno quando venne sorpresa all’interno del suo ufficio dai militari del Nucleo di Polizia Economica finanziaria della Guardia di Finanza mentre intascava una mazzetta di 850 euro mentre altri 3mila e 800 euro vennero trovati in casa. Nei guai finirono anche Giuseppe Bruno, 57 anni, di Galatina; Pietro Bonetti e Monica Franchini, 71 e 49 anni, tutti rappresentanti. Nel corso dell’interrogatorio di garanzia la funzionaria confessò di aver intascato mazzette dai rappresentanti delle aziende produttrici delle protesi di ausili audiometrici per fronteggiare difficoltà economiche. Scriveva nell’ordinanza il gip Giovanni Gallo sul ruolo ricoperto dalla funzionaria: “Costantemente dedita alla tutela degli interessi privatistici, per il cui soddisfacimento sacrifica, senza alcun pudore e senza remore l’interesse pubblico derivante dal proprio ruolo svilendo la dignità della funzione pubblica. Ciò ovviamente si ripercuote anche sul costo finale del presidio sanitario a carico dell’Asl comparativamente maggiore per la necessità del fornitore di coprire con il maggior prezzo il costo della tangente”.
L’indagine ribattezzata “Buste Pulite”, coordinata dalla Procura ordinaria (tra cui il Massimiliano Carducci), procede ancora a fari spenti per stabilire se la donna abbia fatto tutto da sola o ci sia stato lo zampino di altre figure professionali in questo intreccio di presunte mazzette. Per questo un secondo troncone si sta soffermando sul personale medico per accertare se la prescrizione di protesi per pazienti che hanno dichiarato di non averne mai fatto richiesta sia stata avanzata da qualche camice bianco.