MONTERONI (Lecce) – Due anni di reclusione a fronte di una richiesta di un anno e mezzo. Questa la condanna inflitta dalla giudice monocratica Francesca Mariano nei confronti di Michele Andreini, il 32enne di Monteroni, accusato di aver ucciso “Biondo”, un amato e conosciutissimo cane randagio, a bordo di un Suv, in un piazzale di Monteroni il 6 giugno del 2019.
La vicenda è nota. Il cane era solito dormire nell’anti-spiazzo del negozio già da tempo ed molto conosciuto in tutta la comunità. Il conducente dell’auto, di proprietà del padre, sarebbe giunto nella zona lentamente e sufficientemente illuminata. Con i fari puntati in direzione dell’animale. Scorrendo le immagini contenute in un video allegato nella denuncia depositata dall’Associazione Improta assistita dall’avvocato Giordano Bacile di Castiglione si vedeva l’automobilista che, giunto nei pressi del’intersezione tra Corso Umberto e via E.De Filippo, sale sullo scivolo del piazzale investendo con la ruota anteriore sinistra il malcapitato cane randagio. Lo fa con una manovra del tutto repentina per investire l’animale mentre riposa.
Subito dopo innesta e procede in retromarcia, effettuando un’inversione sulla sede stradale, così come segnalato dall’accensione delle luci poste sul retro dell’autovettura. Le immagini di videosorveglianza non lasciano dubbi. L’automobilista aveva il chiaro intento di investire, schiacciare e ammazzare il cane mentre dormiva alla luce della velocità/tempestività con cui svolta dirigendosi verso il suo corpo con un solo, unico fine: ucciderlo.
Una consulenza di parte della locale associazione Oipa Italia Onlus (assistita dall’avvocato Vincenza Raganato), ha confermato la sequenza delle immagini. Nelle 32 pagine dell’elaborato, a firma dell’ingegnere informatico Luigina Quarta, l’automobilista non poteva essersi accorto di nulla, o scambiare l’animale per un oggetto lasciato per terra. Eppure, giorni dopo l’episodio, il giovane si era presentato in caserma per negare di aver investito deliberatamente il cane e spegnere così le polemiche alimentate dai social dove era stato indicato come un mostro. Ai carabinieri l’automobilista riferì di non essersi accorto della presenza del cane scambiato per una pietra.
Gli esiti della consulenza hanno smentito integralmente la versione del ragazzo che, difeso dagli avvocati Amilcare Tana e Alessandro Favale, dovrà risarcire con 10mila euro ciascuno le due associazioni costituitesi parte civile. Depositate le motivazioni della sentenza, si penserà al processo d’appello.